Il comportamentismo ha avuto una grande influenza sulla psicologia del XX secolo e ha dato origine a diverse correnti di pensiero, come il neocomportamentismo, il cognitivismo e la terapia comportamentale. Il comportamentismo ha anche contribuito a sviluppare metodi di insegnamento e apprendimento basati sul rinforzo e sulla modifica del comportamento. Tuttavia, il comportamentismo ha anche ricevuto molte critiche per aver trascurato gli aspetti interni e soggettivi dell’esperienza umana, come le emozioni, i pensieri, i valori e le motivazioni. Alcuni psicologi hanno sostenuto che il comportamento non può essere spiegato solo in termini di stimoli e risposte, ma richiede l’analisi dei processi mentali che lo mediano. Inoltre, alcuni hanno messo in dubbio la validità etica e scientifica di alcuni esperimenti comportamentisti, come quello del piccolo Albert o della gabbia di Skinner.


Cenni storici e riferimenti teorici

John Watson:  il padre del comportamentismo

Il comportamentismo sosteneva che il comportamento fosse l’unico oggetto di studio scientifico della psicologia; riteneva inutile ricorrere a entità non osservabili come la coscienza e superato il metodo dell’introspezione. Questi sono i punti fondamentali del manifesto del 1913 pubblicato da Watson. La coscienza e il pensiero potevano al massimo essere dedotti dalle risposte comportamentali, ma non erano accessibili con i dati introspettivi. Inoltre, si riteneva possibile controllare il comportamento attraverso la somministrazione di stimoli specifici che avrebbero prodotto le risposte desiderate.

John Watson (1878-1958)
John Watson (1878-1958)

Il comportamentismo nacque nel 1913 quando John Watson  pubblicò l’articolo “la psicologia come la vede il comportamentista”.  Questo pensiero dominerà in Nord America fino agli anni 60.

Le riflessioni comportamentiste si basavano essenzialmente sull’osservazione e l’analisi delle caratteristiche esteriori del comportamento; i gesti, il tono di voce, le espressioni facciali, la sudorazione, eccetera. In sostanza tutto ciò che componeva il comportamento manifesto (overt).

I primi tentativi di questa psicologia comportamentale si trovano già abbozzati in Immanuel Kant secondo il quale una scienza dell’anima non era possibile in quanto il frutto della conoscenza sfugge allo osservazione. Lo studio dell’uomo può essere rintracciato nelle sue azioni attraverso le quali manifesta il proprio carattere.

 Quindi, una caratteristica della prospettiva comportamentista è l’assenza di riferimento ai processi biologici e fisiologici. Si rifiuta anche di studiare i processi interni della psiche che è considerata una scatola nera (black box) soggetta alle influenze dell’ambiente esterno (stimoli) e produttrice delle relative risposte.

Per questo motivo, il comportamento può essere studiato semplicemente attraverso la relazione tra stimoli e risposte senza fare riferimento a ciò che accade all’interno della scatola nera.

Inoltre, le ricerche di Thorndike, Jennings e Yerkes  partivano dall’assunto che si dovessero studiare i movimenti (gli habit) e le reazioni degli animali solo in relazione agli stimoli e alle condizioni ambientali che li avevano provocati. il termine americano di behavior era perciò ormai frequente per indicare tali movimenti o habit.

La fonte filosofica più importante del comportamentismo fu il pragmatismo originato alla fine dell’Ottocento ad opera di James e Dewey. Secondo questa teoria le idee e i concetti hanno una validità se permettono all’individuo di operare sulla realtà. I processi mentali sono considerati gli strumenti per rendere efficace l’adattamento dell’organismo al suo ambiente.

Per quanto riguarda il metodo d’indagine i comportamentisti seguirono il metodo ipotetico deduttivo descritto da Hull. La procedura tipica della scienza è dedurre una o più implicazioni logiche e controllare la validità della deduzione attraverso l’osservazione. Se il postulato coincide con l’osservazione può raggiungere un elevato grado di credibilità, ma mai l’assoluta certezza. “Gli scienziati devono pensare in termini di equazioni”.

Il metodo di studio, perciò, rimaneva sperimentale con le stimolazioni ambientali come variabili indipendenti e comportamento come variabile dipendente con un rifiuto dell’ introspezione e del colloquio clinico. Infatti, secondo i comportamentisti se la psicologia voleva diventare una scienza doveva scegliere qualcosa che fosse suscettibile di essere osservato naturalistica. Watson indicò nel lavoro del neurofisiologo russo Pavlov sui riflessi condizionati il riferimento sperimentale del comportamentista.

Gli strumenti metodologici oltre che da Pavlov, furono offerti anche da Thorndike. Egli definì il suo sitema connessionismo una forma particolare di associazionismo e s’interessò di esperimenti sulla intelligenza animale. L’animale nella situazione sperimentale si trovava all’interno di una gabbia e per uscire doveva tirare alcune funi.
Lo scienziato rilevò che l’animale non passava bruscamente da una fase in cui non era capace di trovare la soluzione a un’altra in cui una volta trovata questa era immeditamente disponibile. Al contrario quello che era visibile era un progressivo accorciamento dei tempi di soluzione. Da queste osservazione Thorndike enunciò tre principi:

  • l’apprendimento si verifica per prove ed errori;
  • legge dell’effetto: le risposte corrette tendono ad essere ripetute, mentre quelle sbagliate vengono abbandonate;
  • legge dell’esercizio: i comportamenti più spesso esercitati sono appresi più saldamente ed è più facile che vengano nuovamente emessi.

Ricerche sul condizionamento

Nella procedura di condizionamento di Pavlov, le reazioni erano di tipo neurovegetativo (salivazione). Infatti, la saliva (risposta incondizionata) è emessa dal cane in risposta alla vista del cibo (stimolo incondizionato). La salivazione può essere emessa (risposta condizionata) anche dopo uno stimolo neutro (stimolo condizionato) che è stato presentato per un certo numero di volte prima della somministrazione del cibo.

Nella procedura di Vladimir Bechterev le azioni invece (riflessi di associazione) erano motorie. In questo tipo di condizionamento una risposta procura all’animale un rinforzo positivo o negativo. In questo modo l’animale apprende un certo comportamento in funzione del rinforzo che potrebbe derivare dal suo movimento.

 Il condizionamento descritto da Pavlov fu definito condizionamento classico quello di Bechterev condizionamento strumentale.

 Skinner utilizzò una terminologia differente. Infatti, il primo fu denominato di tipo S o condizionamento rispondente perchè per produrlo era necessario lo stimolo. iIl secondo di tipo R o condizionamento operante perchè era importante la risposta.

Skinner pose l’accento sul condizionamento operante, in cui la risposta è emessa indipendentemente dalla presenza dello stimolo. In più, se questa risposta è rinforzata positivamente essa sarà emmessa di nuovo. Un esempio  di condizionamento operante è la Skinner box.

Skinner formulò dei programmi di rinforzo. Ad esempio, il rinforzo poteva essere fornito dopo un periodo fisso di tempo tra una pressione e l’altra della leva, o dopo uno specifico numero di pressioni. Il ricercatore osservò che il comportamento dell’animale si modellava in funzione del programma di rinforzo scelto.

L’ambiente perciò agisce come rinforzo permettendo l’apprendimento di nuove forme di comportamento.

 

Watson e il caso del piccolo Albert

Fu solo nel 1916 che Watson recipì l’importanza dei metodi del condizionamento. In particolare s’inspirò a quello di Bechterev che si era occupato dei riflessi motori. Più importanti rispetto a quelli neurovegetativi, ai fini dello studio della specie umana.

Watson lavorò anche sul caso del piccolo Albert un bambino che venne fatto diventare sperimentalmente fobico con tecniche di condizionamento alla base della behavior therapy. Secondo Watson, si poteva dimostrare, in contrasto con le teorie psicoanalitiche, che i sintomi nevrotici sono frutto di apprendimento. Quindi, ciò che è appreso può essere anche disappreso.

Neocomportamentismo

Comportamento “molecolare”

Si parla di comportamentismo classico per l’evoluzione comporesa tra il 1913 e il 1930 e di neocomportamentismo per il periodo 1939-1950.

In questa seconda fase del comportamentismo Watson propose una concezione molecolare o molare del comportamento che, secondo lui, poteva essere ridotto in singolè unità stimolo – risposta (S-R).

L’autore rinunciò all’idea che la psicologia dovesse studiare sia il comportamento degli animali che quello umano, poichè in quest’ultimo sono appresi comportamenti diversi da quelli animali. Ad esempio il comportamento istintuale che caratterizza il mondo animale è parzialmente presente in quello degli esseri umani.

Clark_Hull
Clark Hull (Akron, 1884 – New Haven, 1952)

Clark Hull

Negli anni 30 fu di particolare rilievo la scuola di Yale in cui Clark Hull introduce la nozione di pulsione (drive).  Ad esempio la fame è una funzione che provoca l’emmissione di risposte per ottenere cibo. Tra lo stimolo e la risposta l’autore colloca un’altra variabile definita variabile interveniente che è incorporata nell’organismo. In particolare  si possono osservare due tipi di variabili: quelle rilevabili  e quelle intermedie delle quali si rilevano gli effetti come i bisogni e i tratti temperamentali. Queste variabili possono essere perciò solo inferite e non osservabili e mettono in relazione la variabile indipendente (stimolo) con la variabile dipendente osservata (risposta).

Edward Tolman

Edward Chace Tolman
Edward Chace Tolman (Newton, 1886 – Berkeley, 1959)

Anche Edward Tolman propose una impostazione molare del comportamento spiegandolo facendo riferimento alle variabili intervenienti. I processi interni che modulo il comportamento animale sono delle variabili intervenienti che sono il requisito fondamentale dell’apprendimento.

Egli illustrò un esperimento su quello che definì apprendimento latente. Egli confrontò l’apprendimento del percorso di un labirinto in tre gruppi di ratti. Osservò che quello rinforzato con il cibo apprendeva il percorso in poche ore. I ratti che non erano stati sottoposti alla sessione di rinforzo,invece, non erano capaci di trovare l’uscita del labirinto. Il terzo gruppo, fu rinforzato solo a partire dal dodicesimo giorno di prove, ma migliorò immediatamente la prestazione al pari di quelli rinforzati fin dal primo giorno.

Secondo Tolman gli animali avevano appreso il percorso anche in assenza di rinforzo e l’assenza della prestazione non significa anche senza dell’apprendimento come invece affermava Hull. Esiste un apprendimento latente che si può manifestare in dovute condizioni.  Negli animali si sarebbero formate delle mappe cognitive una struttura (simili a delle strutture della Gestalt) ovvero degli schemi del labirinto che il ratto poteva utilizza prontamente nel momento in cui iniziava ad essere rinforzato.

Crisi del comportamentismo

Il comportamentismo iniziò ad entrare in crisi negli anni 60 per effetto di vari fattori come le nuove acquisizioni da parte della neuroscienza e del cognitivismo.
Negli anni 50-60 infatti, si svilupparono varie aree di ricerca che non sono interne alla psicologia. Il movimento che porta al superamento del comportamentismo verso il cognitivismo, è avvenuto grazie allo sviluppo di altre discipline rispetto alle qualòi la psicologia non ha potuto far altro che separarsi. La prima di queste è stata negli anni 40-50 la cibernetica il cui autore più importante è stato Norbert Wiener che si occupò di elaborare dei modelli del comportamento umano da riproporre all’interno di macchine artificiali. Macchine intelligenti che simulano il comportamento umano per perseguire degli scopi, in grado di corregersi in funzione di stimoli esterni. Viene perciò introdottto il termine feed-back.

Dopo gli anni 50 si sviluppa un parallelismo tra calcolatore e mente umana e successivamente vi è lo sviluppo delle neuroscienze grazie ai progressi della tecnologia, infatti, il microscopio elettronico porta alla scoperta della sinapsi.

Infine, lo sviluppo dell’etologia richiama lo studio del comportamento animale nel suo contesto naturale sottolineando che è la specificità della specie che determina i vincoli sugli apprendimenti che possono essere conseguiti.

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By altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

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