David Hume, filosofo empirista individua nella percezione l’unica fonte della conoscenza. Le idee, infatti, per avere un fondamento conoscitivo devono essere associate a impressioni corrispondenti. Hume, critica il principio di causalità ritenendo che non è dimostrabile facendo riferimento all’esperienza, ma solo attraverso i concetti di abitudine e credenza che sono connaturati all’uomo. Il sentimento morale viene legato a un senso di simpatia verso gli altri: l’uomo, però,  non dispone della libertà di volere in quanto la sua ragione è condizionata alle passioni.

VITA E OPERE

Nacque nel 1711 ad Edimburgo frequentò il college e la facoltà di giurisprudenza senza però terminare gli studi.

Successivamente trascorse un periodo di tempo in Francia a La Flèche nello stesso istituto in cui si era formato Cartesio. In questo periodo, non ancora trentenne scrisse quella che sarà la sua opera principale: il Trattato sulla natura umana.

Vedendo vani i suoi tentativi di ottenere una cattedra universitaria si occupò di numerose professioni. Dapprima lavorò presso la Biblioteca di Edimburgo e poi fu diplomatico inglese ed ebbe la possibilità di intraprendere numerosi viaggi in europa.

Nel 1748 pubblicò i Saggi filosofici sull’intelletto umano successivamente intitolati Ricerche sui principi della morale (1751) in cui espone il primo libro del trattato. Tra le altre opere di Hume figurano: Saggi morali e politici (1741), I Discorsi politici (1757), Dialoghi sulla religione naturale (1779), Storia d’Inghilterra (1754-61).

Nel 1769 si ritirò a Edimburgo dove trascorse la propria vita privatamente. Morì nel 1776 a causa di un tumore all’intestino. Trascorse gli ultimi anni di vita serenamente rielaborando le sue opere letterarie.

 TEORIA DELLA CONOSCENZA

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Trattato sulla natura umana[Public domain], via Wikimedia Commons

Hume cerca di imporre già dalla sua opera il Trattato sulla natura umana un nuovo indirizzo filosofico costituito da una scienza della natura umana. Questa si prefissava di studiare sia le capacità dell’intelletto sia gli istinti e le passioni che condizionano il comportamento umano.

Nella sua ricerca Hume cercò di trovare empiricamente i principi essenziali per spiegare i meccanismi dell’intelletto e dell’agire umano. Questa concezione empirista portò Hume a condurre una critica della filosofia dell’epoca.

Secondo Hume la percezione è l’unica fonte di conoscenza. Essa si divide in:

  • impressioni. presentano il maggior grado di vividezza in quanto corrispondono alle percezioni attuali. Ad es. quando vedo una pietra, ho l’impressione di essa in quanto la posso toccare, ha un certo colore, posso sentire che ha un peso ecc.
  • idee: sono meno vivide in quanto corrispondono alle immagini delle impressioni. Ad esempio se la pietra viene spostata dal mio campo visivo, continuo a ricordare le sue proprietà poichè la mia mente si è creata un’idea di quell’oggetto.

Le impressioni e le idee hanno una completa corrispondenza ciò che differisce è il momento in cui sono considerate dalla mente.

(Trattato sulla natura umana, libro 1)

La prima osservazione che salta agli occhi è la grande rassomiglianza tra impressioni e idee in tutto fuorchè nel grado della loro forza e vivacità: queste sembrano in certo modo, il riflesse di quelle. Per cui ogni percezione è, per così dire, doppia potendo mostrarsi o come impressione o come idea

Tuttavia è possibile creare idee che non hanno corrispondenti impressioni. Infatti, la mente oltre a ricevere le percezioni è in grado di elaborarle formando percezioni complesse.

Ad esempio combinando l’idea di cavallo con quella di aquila è possibile ottenere l’idea di ippogrifo che però non ha nessuna corrispondenza con le impressioni da cui deriva.

Hume perciò distingue le percezioni semplici e le percezioni complesse. Per le prime vale il principio di piena corrispondenza tra impressioni e idee (“ogni idea semplice ha un’impressione semplice che le somiglia e ogni un’impressione semplice ha un’idea che le corrisponde”), ma questo non è semper vero per le percezioni complesse.

Per verificare se un’idea è correttamente fondata occorre esaminare le impressioni di cui è composta. Poichè è solo attraverso l’impressione che si è in grado di conoscere; se non si trovano impressioni che corripondono all’idea essa non ha nessun significato.

Infine, se le idee derivano dalle impressioni allora le idee generali o astratte e le idee innate sono impossibili in quanto si trovano al di fuori dell’esperienza. Infatti, è possibile percepire solo i particolari e non gli universali e non possono nascere conoscenze se non attraverso l’esperienza.

 ASSOCIAZIONI DI IDEE

Secondo Hobbes tra le idee vie una naturale tendenza ad associarsi. Le forme di queste connessioni sono:

la somiglianza, la contiguità spazio temporale e la relazione causa effetto. Grazie a queste relazioni la mente può formulare percezioni complesse a partire da quelle semplici.

Inoltre, le conoscenze possono suddividersi in:

  • conoscenze che riguardano le relazioni tra le idee che si ottengono ricavando un’idea da un’altra senza ricorrere all’esperienza, Ad esempio 2+2=4. La conoscenza del 4 si trova già nel 2+2. Esse perciò sono indipendenti dall’esperienza e necessarie in quanto il loro contrario implica una contraddizione.
  • conoscenze riguardo la materia di fatto, invece, riguardano l’esperienza e sono fondate sul principio di causalità. Rispetto alle precedenti, inoltre, è possibile il contrario di ciò che è affermato Ad es. dire il sole non sorgerà domani, non è una contraddizione; in quanto nell’idea di sole non è contenuta anche quella che debba sorgere tutti i giorni.

Sebbene le conoscenze che riguardano materie di fatto sono caratterizzate dal principio di causalità, in base alla nostra esperienza non è possibile essere certi della associazione causale. Il concetto di causalità è criticato da Hume, il quale denunciò l’impossibilità di essere dimostrato razionalmente come invece avviene per la matematica o la geometria.

La mente può sempre concepire che un qualsiasi effetto tenga dietro ad una qualunque causa e che un evento qualunque segua ad un altro;ora tutto ciò che noi concepiamo è possibile, quanto meno in senso metafisico; ma dovunque interviene una dimostrazione, il contrario è impossibile ed implica contraddizione. Perciò non vi è dimostrazione per una qualsiasi congiunzione di causa ed effetto. E questo è un principio che è generalmente ammesso dai filosofi.” (Estratto del Trattato sulla natura umana)

Infatti, l’esperienza ci consente di verificare una certa costanza nelle relazioni causa-effetto consentendo di fare delle previsioni; per cui ad esempio so che lanciando la palla A contro la palla B, la prima urtando la seconda riesce a metterla in movimento. In questo caso, l’esperienza offre soltanto alcune informazioni, ovvero: la palla si muove e tocca la palla B (contingenza); il movimento della palla B segue quello della palla A (successione temporale) e tutte le volte che ripeto l’esperimento in circostanze simili otterrò lo stesso risultato (congiunzione costante di causa ed effetto). Queste osservazioni però non garantiscono l’associazione causale, il vero spostamento di B, ad esempio potrebbe derivare da una causa a noi sconosciuta.

Per poter essere dimostrabile e assumere le verità certe della matematica, causa ed effetto dovrebbero essere intrinsecamente congiunte e conoscibili anche senza far ricorso all’esperienza; inoltre sarebbe contradditorio pensare ad un effetto senza una causa mentre invece è possibile ottenere effetti diversi per una stessa causa.

Secondo Hume quando concludiamo che dalla presenza di una certa causa si verificherà un certo effetto lo diciamo facendo ricorso all’esperienza, e rivolgendoci al passato facciamo delle previsioni future . Questo avviene perche per abitudine siamo abituati a credere che il futuro si mantenga uniforme rispetto al passato.

La ragione non potrà mai convincersi che l’esistenza di un oggetto implichi quella di un’altro: per cui quando passiamo dall’impressione di un oggetto all’idea o credenza di un’altro, non siamo spinti a ciò dalla ragione ma dall’abitudine, ossia da un principio di associazione.” (Trattato sulla natura umana, libro 1)

Non vi è però garanzia che la relazione rimanga la stessa anche nel futuro. Per cui, secondo Hobbes, è necessario anche credere che la connessione causale si ripresenterà nel futuro.

La credenza, infatti, è in grado di dare alla nostre idee una maggiore grado di forza e vivacità rispetto alle percezione a cui non diamo il nostro assenso. Ma ciò che distingue una impressione da un’idea è determinato dal maggior grado di vivacità della percezione, percui, la credenza assume nella mente uno stato simile a quello dell’impressione presente.

Un’opinione, quindi, o la credenza, può esser definita esattamente come un’idea vivace, relativa o associata a un’impressione presente. […]. Un’idea a cui si assente si sente diversamente da quella ch’è una mera finzione della fantasia; ed è proprio questa differenza del sentire ch’io mi sforzo di spiegare con le espressioni di forza o vivacità superiore, di maggiore importanza per il pensiero, si che maggiore è anche la sua influenza sulle passioni e sull’immaginazione” (Trattato sulla natura umana, libro 1)

La credenza,quindi ,è una particolare modalità con cui opera il processo conoscitivo che opera sull’esperienza e non esclusivamente sulla ragione, non possedendo nessun fondamento razionale. Essa, inoltre è espressione di un istinto umano essendo un sentimento generale condiviso da tutti gli uomini. In questo senso anche la ragione è vista da Hume come un istinto; ovvero come la tendenza naturale dell’uomo a sottoporre tutto a critica.

Infine, col riferimento alla credenza Hume spiega il problema della permanenza dell’oggetto; infatti, la percezione di un oggetto tutte le volte che lo guardiamo induce la credenza della sua esistenza anche quando non lo stiamo direttamente guardando.

In sintesi: esperienza, principio dell’uniformità del corso naturale, abitudine e credenza sono le 4 condizioni per definire la connessione causale.

 CRITICA ALL’IDEA DI SOSTANZA

Critica all’idea di sostanza materiale (agli oggetti che appaiono fuori di noi): l’uomo ha impressione delle singole qualità percettive (rosso, caldo, liscio ecc) che però essendo abituato a percepire tutte insieme vengono considerate facenti parte di un’unica sostanza. Anche questo processo si realizza attraverso l’abitudine: l’abitudine a osservare determinate proprietà sempre congiunte genera la credenza nella realtà degli oggetti che le possiedono.

Critca all’idea di sostanza spirituale (io e soggetto pensante): secondo cui il sentimento dell’unità del proprio io è solo una credenza, infatti, non siamo in grado di cogliere un unico soggetto pensante bensì a a percepire singoli stati di coscienza (sensazioni, pensieri, passioni).

Lo scetticismo che caratterizza la visione empirica di Hume è valido solo a livello teorico. Nella vita pratica, la credenza garantisce all’uomo di apprendere le connessioni causali e di considerare di essere sempre la stessa persona.

 VOLONTA’, PASSIONE E MORALE

Secondo Hume non esiste il libero arbitrio, infatti, sono le passioni a determinare le azioni umane. La sola libertà di cui l’uomo dispone riguarda la libertà dalle restrizioni esterne. In altre parole, l’uomo non sceglie coscientemente le passioni che indirizzano le proprie azioni, ma è libero solo di agire se l’azione non va incontro a nessuna restrizione esterna come ad esempio norme e leggi.

Le passioni sono impressioni ma rispetto alle impressioni che derivano dagli oggetti del mondo esterno, sono un’esperienza interna che si basa su una precedente impressione di sensazione. Le passioni non sono dunque idee e per questo motivo non possono essere elaborate dalla ragione che ha solo una funzione conoscitiva. La ragione può solo condizionare il giudizio sulle valutazioni che potrebbero derivare da quel sentimento e verificare se i mezzi sono idonei ai fini che si vogliono ottenere.

Inoltre, essendo impressioni, le passioni non sono nè vere e ne false ma semplicemente sono.

La morale riguarda l’apprezzamento naturale che tutti gli uomini hanno per le azioni virtuose ed è un sentimento interno presente in tutti gli uomini. Il piacere che deriva dalla morale è disinteressato in quanto pruomuove l’utilità di tutti.

Questo è strettamente legato al concetto di simpatia presente in Hume. E’ grazie ad esso che l’uomo è in grado di condivedere sentimenti e passioni degli altri permettendogli di partecipare al bene comune.

Anche nel caso della morale la ragione è uno strumento coadiutorio che consente la comprensione delle condizioni all’interno del quale il soggetto morale agisce. Ad essa spettano le funzioni di generalizzazione e di organizzazione delle qualità morali, ma non può elaborare i contenuti di tali valutazioni.

Ma per quanto la ragione, se pienamente sviluppata, sia sufficiente per istruirci alle tendenze dannose od utili di qualità ed azioni, essa non basta da sola a produrre qualche biasimo o qualche approvazione. L’utilità è soltanto una tendenza ad un certo fine; e se il fine ci fosse del tutto indifferente, noi proveremmo la stessa indifferenza nei riguardi dei mezzi per conseguirlo. Qui occorre che si affermi un sentimento, affinchè si dia una preferenza alle tendenze utili rispetto a quelle dannose. Questo sentimento non può essere che una sensibilità per la felicità degli uomini ed un risentimento nei confronti della loro infelicità […]” (Ricerche sui principi della morale)

 SOCIETA’ E RELIGIONE

Studiando la natura umana, Hume riscontra una naturale tendenza verso la socialità degli uomini. Questa si manifesta originariamene con l’impulso sessuale che porta secondariamente alla formazione della famiglia e a desiderare i vantaggi che derivano dalla convivenza sociale, come ad esempio, la suddivisione del lavoro. Però, questa tendenza alla socialità ha un limite, infatti, l’uomo è portato ad amare sole persone vicine a lui.

 L’uomo perciò entrerebbe a far parte delle società convenzialmente con il fine di salvaguardare la proprietà privata e di ciò che ha acquisito attraverso il lavoro. La giustizia nasce, allora, come compromesso per garantire gli interessi individuali e quelli della società. Per cui, proprietà privata e giustizia sono stabilite artificialmente e non sono connaturate all’uomo in quanto stabilite convenzionalmente.

Riguardo il tema della religione, secondo Hume, non è possibile trovare alcuna prova dell’esistenza di Dio attraverso la ragione. Questo non può avvenire cercando risalire dallo studio della perfezione dell’universo fino al suo creatore, in quanto l’uomo non è in grado di conoscere il mondo nella sua interezza. Infatti, la conoscenza delle connessioni causali si basa sull’abitudine e sulla esperienza e non può applicarsi al di fuori del mondo fenomenico.

La religione nasce dalle passioni e istinti che fanno parte della natura umana. In particolare, essa deriva dal timore che l’uomo prova di fronte ai misteri della vita e della morte.

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By altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

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