Comportamentismo: Teorie, Autori e Modelli (Watson, Skinner, Tolman)

Comportamentismo: Teorie, Autori e Modelli (Watson, Skinner, Tolman)

Agli albori del Novecento, la psicologia era un campo in cerca di identità: divisa tra il fascino per i misteri della coscienza e il desiderio di affermarsi come scienza rigorosa. Fu in questo contesto che un audace psicologo americano, John B. Watson, lanciò una sfida radicale. Nel 1913, con il suo Manifesto Comportamentista, Watson dichiarò guerra all’introspezione e ai processi mentali invisibili, proclamando che l’unico oggetto legittimo della psicologia doveva essere ciò che è osservabile, misurabile, replicabile: il comportamento.

Questa non fu solo una teoria, ma una rivoluzione metodologica. Immaginate: per la prima volta, emozioni, apprendimenti e persino paure venivano spiegati non attraverso i labirinti della mente, ma tramite semplici relazioni stimolo-risposta. Cani che salivano al suono di una campana, ratti che imparavano a premere leve per ottenere cibo, bambini condizionati a temere oggetti innocui… Il comportamentismo trasformò la psicologia in un laboratorio di leggi universali, dove ogni azione umana poteva essere decifrata, prevista e persino controllata.

Ma come si passò dalle idee di Watson agli esperimenti iconici di Skinner? Cosa si nasconde dietro la metafora della “scatola nera” e perché, nonostante il suo declino negli anni ’60, il comportamentismo rimane un pilastro della psicologia moderna? In questo articolo, esploreremo:

  • La crisi del movimento, tra l’ascesa delle neuroscienze e la rivoluzione cognitivista.
  • Le radici filosofiche del comportamentismo, dal pragmatismo di James alle intuizioni di Kant;
  • Gli esperimenti che cambiarono la storia, dal Piccolo Albert alla Skinner Box;
  • L’evoluzione verso il neocomportamentismo, con le mappe cognitive di Tolman e le variabili intervenienti di Hull;

Tuttavia, il comportamentismo ha anche ricevuto molte critiche per aver trascurato gli aspetti interni e soggettivi dell’esperienza umana, come le emozioni, i pensieri, i valori e le motivazioni. Alcuni psicologi hanno sostenuto che il comportamento non può essere spiegato solo in termini di stimoli e risposte, ma richiede l’analisi dei processi mentali che lo mediano. Inoltre, alcuni hanno messo in dubbio la validità etica e scientifica di alcuni esperimenti comportamentisti, come quello del piccolo Albert o della gabbia di Skinner.


Come è nata una delle correnti più influenti della psicologia? Dal manifesto rivoluzionario di John B. Watson agli esperimenti iconici di Pavlov e Skinner, esploriamo le tappe fondamentali del comportamentismo

Cenni storici e riferimenti teorici

John Watson:  il padre del comportamentismo

Il comportamentismo sosteneva che il comportamento fosse l’unico oggetto di studio scientifico della psicologia; riteneva inutile ricorrere a entità non osservabili come la coscienza e superato il metodo dell’introspezione. Questi sono i punti fondamentali del manifesto del 1913 pubblicato da Watson. La coscienza e il pensiero potevano al massimo essere dedotti dalle risposte comportamentali, ma non erano accessibili con i dati introspettivi. Inoltre, si riteneva possibile controllare il comportamento attraverso la somministrazione di stimoli specifici che avrebbero prodotto le risposte desiderate.

John Watson (1878-1958): John B. Watson, con il suo manifesto del 1913, rivoluzionò la psicologia, proponendo un approccio rigorosamente scientifico e oggettivo allo studio del comportamento umano. Rifiutando l’introspezione, Watson sosteneva che solo il comportamento osservabile potesse essere oggetto di indagine scientifica. Riducendo la psicologia allo studio delle relazioni stimolo-risposta, Watson considerava i processi mentali interni come una “scatola nera” inaccessibile all’osservazione scientifica.

John Watson (1878-1958)
John Broadus Watson (1878-1958): Breve biografia
John B. Watson, psicologo statunitense, fu il principale esponente del comportamentismo, scuola psicologica da lui formalizzata nel 1913 con il celebre saggio La psicologia come la vede il comportamentista. Nato in una famiglia segnata dall’abbandono del padre alcolizzato e da un’educazione religiosa opprimente, sviluppò un’avversione per la religione che influenzò il suo approccio scientifico materialista. Dopo un’infanzia in povertà, studiò alla Furman University e all’Università di Chicago, dove elaborò un metodo oggettivo di analisi del comportamento, influenzato da filosofi come John Dewey e fisiologi come Ivan Pavlov.
La sua carriera accademica culminò con la direzione del dipartimento di psicologia alla Johns Hopkins University, interrotta nel 1920 a causa di uno scandalo per una relazione con la studentessa Rosalie Rayner, che divenne sua seconda moglie. Noto per esperimenti controversi come quello sul “Piccolo Albert” (condizionamento della paura), Watson teorizzò la psicologia come scienza obiettiva basata sull’osservazione del comportamento esteriore, rifiutando introspezione e stati mentali.
La vita personale fu travagliata: due figli tentarono il suicidio, e la nipote Mariette Hartley attribuì i suoi disturbi psicologici all’educazione comportamentista ricevuta. Nonostante le critiche etiche, nel 1957 ricevette la Medaglia d’Oro dall’APA per il suo impatto sulla psicologia. Morì nel 1958, lasciando un’eredità controversa ma fondamentale nel trasformare la psicologia in disciplina scientifica, con influenze durature su pubblicità, educazione e studio delle emozioni condizionate.

Il comportamentismo nacque nel 1913 quando John Watson  pubblicò l’articolo “la psicologia come la vede il comportamentista”.  Questo pensiero dominerà in Nord America fino agli anni 60.

Le riflessioni comportamentiste si basavano essenzialmente sull’osservazione e l’analisi delle caratteristiche esteriori del comportamento; i gesti, il tono di voce, le espressioni facciali, la sudorazione, eccetera. In sostanza tutto ciò che componeva il comportamento manifesto (overt).

I primi tentativi di questa psicologia comportamentale si trovano già abbozzati in Immanuel Kant secondo il quale una scienza dell’anima non era possibile in quanto il frutto della conoscenza sfugge allo osservazione. Lo studio dell’uomo può essere rintracciato nelle sue azioni attraverso le quali manifesta il proprio carattere.

 Quindi, una caratteristica della prospettiva comportamentista è l’assenza di riferimento ai processi biologici e fisiologici. Si rifiuta anche di studiare i processi interni della psiche che è considerata una scatola nera (black box) soggetta alle influenze dell’ambiente esterno (stimoli) e produttrice delle relative risposte.

comportamentismo

Per questo motivo, il comportamento può essere studiato semplicemente attraverso la relazione tra stimoli e risposte senza fare riferimento a ciò che accade all’interno della scatola nera.

Inoltre, le ricerche di Thorndike, Jennings e Yerkes  partivano dall’assunto che si dovessero studiare i movimenti (gli habit) e le reazioni degli animali solo in relazione agli stimoli e alle condizioni ambientali che li avevano provocati. il termine americano di behavior era perciò ormai frequente per indicare tali movimenti o habit.

William James e John Dewey, pionieri del pragmatismo di fine Ottocento, le cui idee filosofiche ispirarono il comportamentismo. Il loro approccio, incentrato sull’adattamento pratico e l’interazione con l’ambiente, ridefinì la psicologia come scienza empirica: dallo studio dell’introspezione si passò all’analisi di comportamenti osservabili, guidati da rinforzi e condizionamenti. Un’eredità che unì filosofia e sperimentazione, plasmando una visione dinamica del rapporto tra individuo e contesto

William James (a destra) e John Dewey (a sinistra), pionieri del pragmatismo di fine Ottocento, le cui idee filosofiche ispirarono il comportamentismo. Il loro approccio, incentrato sull’adattamento pratico e l’interazione con l’ambiente, ridefinì la psicologia come scienza empirica: dallo studio dell’introspezione si passò all’analisi di comportamenti osservabili, guidati da rinforzi e condizionamenti. Un’eredità che unì filosofia e ricerca empirica, plasmando una visione dinamica del rapporto tra individuo e contesto

Le Radici Filosofiche e Metodologiche del Comportamentismo

La fonte filosofica più importante del comportamentismo fu il pragmatismo originato alla fine dell’Ottocento ad opera di James e Dewey. Secondo questa teoria, le idee e i concetti hanno una validità se permettono all’individuo di operare sulla realtà. I processi mentali sono considerati gli strumenti per rendere efficace l’adattamento dell’organismo al suo ambiente.

Per quanto riguarda il metodo d’indagine i comportamentisti seguirono il metodo ipotetico deduttivo descritto da Hull. La procedura tipica della scienza è dedurre una o più implicazioni logiche e controllare la validità della deduzione attraverso l’osservazione. Se il postulato coincide con l’osservazione può raggiungere un elevato grado di credibilità, ma mai l’assoluta certezza. “Gli scienziati devono pensare in termini di equazioni”.

Ivan Pavlov (1849-1936), fisiologo russo e premio Nobel, rivoluzionò la psicologia con i suoi studi sui riflessi condizionati. Attraverso esperimenti rigorosi, dimostrò come stimoli ambientali (variabili indipendenti) potessero modellare comportamenti specifici (variabili dipendenti), Il suo approccio oggettivo, basato sull’osservazione di risposte misurabili, influenzò figure come John B. Watson, che vide in Pavlov il modello per una psicologia scientifica, libera da introspezione e soggettività. Il metodo pavloviano, incentrato su controllo sperimentale e replicabilità, rimane una pietra miliare nello studio empirico del comportamento.

Il metodo di studio, perciò, rimaneva sperimentale con le stimolazioni ambientali come variabili indipendenti e comportamento come variabile dipendente con un rifiuto dell’ introspezione e del colloquio clinico. Infatti, secondo i comportamentisti se la psicologia voleva diventare una scienza doveva scegliere qualcosa che fosse suscettibile di essere osservato naturalisticamente. Watson indicò nel lavoro del neurofisiologo russo Pavlov sui riflessi condizionati il riferimento sperimentale del comportamentista.

Edward Lee Thorndike (1874-1949),

Edward Lee Thorndike (1874-1949), psicologo statunitense pioniere del comportamentismo, introdusse il “connessionismo”, teoria che interpretava l’apprendimento come formazione di associazioni tra stimoli e risposte. Attraverso esperimenti con animali, come i suoi celebri studi sulle “puzzle-box” per gatti, dimostrò il ruolo del trial-and-error e del rinforzo nel modellare il comportamento. Il suo lavoro sull’intelligenza animale e la “legge dell’effetto” gettò le fondamenta metodologiche per una psicologia oggettiva, basata sull’osservazione sistematica, influenzando sia il comportamentismo sia la psicologia dell’educazione.

Gli strumenti metodologici oltre che da Pavlov, furono offerti anche da Thorndike. Egli definì il suo sitema connessionismo, una forma particolare di associazionismo, e s’interessò di esperimenti sulla intelligenza animale.

L’animale nella situazione sperimentale si trovava all’interno di una gabbia e per uscire doveva tirare alcune funi. Lo scienziato rilevò che l’animale non passava bruscamente da una fase in cui non era capace di trovare la soluzione a un’altra in cui una volta trovata questa era immeditamente disponibile. Al contrario quello che era visibile era un progressivo accorciamento dei tempi di soluzione. Da queste osservazione Thorndike enunciò tre principi:

  • l’apprendimento si verifica per prove ed errori;
  • legge dell’effetto: le risposte corrette tendono ad essere ripetute, mentre quelle sbagliate vengono abbandonate;
  • legge dell’esercizio: i comportamenti più spesso esercitati sono appresi più saldamente ed è più facile che vengano nuovamente emessi.
Thorndike box

Esempio della gabbia utilizziata negli esperimenti di Thorndike.
Il grafico evidenza una progressiva riduzione del tempo di risposta del gatto all’aumentare del numero delle prove.

Ricerche sul Condizionamento

Nella procedura di condizionamento di Pavlov, le reazioni erano di tipo neurovegetativo, come la salivazione. La saliva (risposta incondizionata) viene emessa dal cane in risposta alla vista del cibo (stimolo incondizionato). Dopo ripetute associazioni, la salivazione può essere evocata (risposta condizionata) anche da uno stimolo precedentemente neutro (stimolo condizionato) presentato prima della somministrazione del cibo.

A differenza di Ivan Pavlov, che si concentrava sulle risposte neurovegetative come la salivazione, Bechterev estese le sue ricerche ai riflessi motori, studiando quelli che definì “riflessi associativi”.

Tuttavia, mentre Pavlov si limitava a sperimentare il condizionamento sull’attività ghiandolare dell’apparato digerente, Bechterev estese le medesime ricerche all’attività muscolare e, in polemica con Pavlov, diede una sua interpretazione sul ruolo dei centri cerebrali superiori nel processo di condizionamento.

Nella procedura di Vladimir Bechterev le azioni invece (riflessi di associazione) erano motorie. In questo tipo di condizionamento una risposta procura all’animale un rinforzo positivo o negativo. In questo modo l’animale apprende un certo comportamento in funzione del rinforzo che potrebbe derivare dal suo movimento.

 Il condizionamento descritto da Pavlov fu definito condizionamento classico quello di Bechterev condizionamento strumentale.

Condizionamento operante di Skinner: Meccanismi ed esempi

B.F. Skinner (1904-1990) – Psicologo e ricercatore di fama mondiale, Skinner rivoluzionò lo studio del comportamento con la teoria del condizionamento operante (tipo R), distinguendolo dal condizionamento rispondente (tipo S). Fondatore della psicologia comportamentale moderna, introdusse concetti chiave come rinforzo e punizione, sviluppando strumenti sperimentali come la “Skinner Box” per analizzare l’apprendimento basato sulle risposte volontarie degli organismi all’ambiente. (Immagina da: Silly rabbit, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons)

Il condizionamento operante, inizialmente studiato da Edward Thorndike e successivamente approfondito da B.F. Skinner, si focalizza sulle risposte motorie volontarie dell’individuo. In questo paradigma di apprendimento, un comportamento emesso dall’animale è seguito da un rinforzo, positivo o negativo, che ne influenza la probabilità di ripetizione. Attraverso questo processo, l’animale apprende a modificare il proprio repertorio comportamentale sulla base delle conseguenze derivanti dalle sue azioni.

B.F. Skinner introdusse una terminologia specifica per distinguere tra i diversi tipi di condizionamento. Il condizionamento classico, denominato condizionamento di tipo S o condizionamento rispondente, è caratterizzato dall’associazione tra uno stimolo e una risposta riflessa. Al contrario, il condizionamento di tipo R, o condizionamento operante, si basa sull’importanza della risposta stessa, indipendentemente dalla presenza di uno stimolo antecedente.

Skinner pose l’accento sul condizionamento operante, in cui la risposta è emessa indipendentemente dalla presenza dello stimolo. In più, se questa risposta è rinforzata positivamente essa sarà emmessa di nuovo.Un esempio emblematico di questo processo è rappresentato dalla Skinner Box, un dispositivo sperimentale ideato per studiare le relazioni tra comportamento e rinforzo.

Skinner formulò inoltre diversi programmi di rinforzo, attraverso i quali il comportamento poteva essere modellato. Ad esempio, il rinforzo poteva essere somministrato a intervalli di tempo fissi (rinforzo a intervalli fissi) o in seguito a un numero predeterminato di risposte (rinforzo a rapporto fisso). Egli osservò che il pattern comportamentale dell’animale variava in funzione del tipo di programma di rinforzo adottato, evidenziando la relazione sistematica tra i parametri di rinforzo e il comportamento appreso.

Infine, Skinner sottolineò il ruolo cruciale dell’ambiente come fattore di rinforzo, evidenziando come esso possa facilitare l’acquisizione di nuove forme di comportamento.

 

Tipo di CondizionamentoTeorico PrincipaleDescrizioneCaratteristiche PrincipaliEsempio
ConnessionismoThorndikeApprendimento per prove ed errori, basato su connessioni tra stimoli e risposte.Legge dell’effetto (le risposte positive vengono ripetute), legge dell’esercizio (la ripetizione rafforza l’apprendimento).Gatto in una gabbia che impara a premere una leva per uscire.
Condizionamento ClassicoPavlovAssociazione tra uno stimolo neutro e uno incondizionato, che porta lo stimolo neutro a elicitare una risposta condizionata.Stimolo incondizionato, stimolo condizionato, risposta incondizionata, risposta condizionata.Cane che saliva alla vista del cibo, poi alla sola campana.
Condizionamento OperanteSkinnerApprendimento di comportamenti attraverso rinforzi positivi o negativi, indipendentemente da uno stimolo specifico.Risposta operante, rinforzo positivo, rinforzo negativo, punizione.Ratto che preme una leva in una Skinner box per ottenere del cibo.
Skinner ha esteso il concetto di condizionamento operante, introducendo vari tipi di rinforzi (continui, intermittenti) e programmi di rinforzo (a intervallo fisso, a rapporto variabile, ecc.).
Thorndike ha posto le basi per lo studio dell’apprendimento animale e ha influenzato il successivo sviluppo del comportamentismo.
Pavlov e Bechterev hanno contribuito a chiarire i meccanismi dell’apprendimento associativo, ponendo l’accento rispettivamente sulle risposte fisiologiche e sulle azioni motorie.

Watson e il caso del piccolo Albert

Fu solo nel 1916 che Watson recipì l’importanza dei metodi del condizionamento. In particolare s’inspirò a quello di Bechterev che si era occupato dei riflessi motori. Più importanti rispetto a quelli neurovegetativi, ai fini dello studio della specie umana.

esperimento del "Piccolo Albert" (Watson e Rayner, 1920)

Fotogramma tratto dalla documentazione originale dell’esperimento sul condizionamento classico (Watson e Rayner, 1920). Raffigura Albert, bambino di circa 12 mesi, durante l’esposizione controllata a stimoli nel contesto dello studio (nella foto un topo bianco).

Watson lavorò anche sul caso del piccolo Albert un bambino che venne fatto diventare sperimentalmente fobico con tecniche di condizionamento alla base della behavior therapy.

L’esperimento condotto da John B. Watson e Rosalie Rayner sul “Piccolo Albert” rappresenta un caso emblematico nello studio del condizionamento delle risposte emotive.

Fase iniziale: esposizione agli stimoli neutri
Nella prima fase, Albert, un neonato inizialmente, fu esposto a una serie di stimoli neutri, tra cui animali (scimmia, coniglio, topolino bianco, cani), e oggetti come maschere, cotone e carta. Il bambino mostrò curiosità verso questi elementi, senza manifestare timore, come documentato da filmati realizzati dai ricercatori.

Fase di condizionamento: associazione stimolo-suono
Nella seconda fase, durante l’interazione con un topolino bianco, Watson introdusse uno stimolo acustico avversivo (colpi di martello su una sbarra d’acciaio), provocando una reazione di pianto in Albert (risposta incondizionata al suono). Dopo ripetute associazioni tra il topolino e il rumore, il bambino sviluppò una paura condizionata verso l’animale stesso, ormai divenuto stimolo condizionato. Il fenomeno si estese ad altri oggetti pelosi e bianchi (es. coniglio, cane, maschere), dimostrando una generalizzazione della risposta fobica.

Osservazioni collaterali e declino delle reazioni
Un episodio significativo si verificò quando un cane abbaiò improvvisamente e indusse panico non solo in Albert, ma anche nei ricercatori, portando Watson e Rayner a teorizzare un “contagio emotivo” inconscio. Nel tempo, le reazioni di paura del bambino si attenuarono in assenza di contatto diretto con gli stimoli, ma riemergevano intensamente se la vicinanza era forzata.

Secondo Watson, si poteva dimostrare, in contrasto con le teorie psicoanalitiche, che i sintomi nevrotici sono frutto di apprendimento. Quindi, ciò che è appreso può essere anche disappreso.

Neocomportamentismo

Comportamento “molecolare”

Si parla di comportamentismo classico per l’evoluzione comporesa tra il 1913 e il 1930 e di neocomportamentismo per il periodo 1939-1950.

In questa seconda fase del comportamentismo Watson propose una concezione molecolare o molare del comportamento che, secondo lui, poteva essere ridotto in singole unità stimolo – risposta (S-R).

L’autore rinunciò all’idea che la psicologia dovesse studiare sia il comportamento degli animali che quello umano, poichè in quest’ultimo sono appresi comportamenti diversi da quelli animali. Ad esempio il comportamento istintuale che caratterizza il mondo animale è parzialmente presente in quello degli esseri umani.

Clark_Hull

Clark Hull (Akron, 1884 – New Haven, 1952), figura di spicco della scuola di Yale, postulò che tra stimolo e risposta esistesse una variabile interveniente, la pulsione, che spiegava la motivazione sottostante al comportamento

La variabile interveniente nella teoria di Hull

Negli anni 30 fu di particolare rilievo la scuola di Yale in cui Clark Hull introduce la nozione di pulsione (drive).  Ad esempio la fame è una funzione che provoca l’emmissione di risposte per ottenere cibo. Tra lo stimolo e la risposta l’autore colloca un’altra variabile definita variabile interveniente che è incorporata nell’organismo. In particolare  si possono osservare due tipi di variabili: quelle rilevabili  e quelle intermedie delle quali si rilevano gli effetti come i bisogni e i tratti temperamentali. Queste variabili possono essere perciò solo inferite e non osservabili e mettono in relazione la variabile indipendente (stimolo) con la variabile dipendente osservata (risposta).

Edward Tolman e le mappe cognitive: Oltre il comportamentismo classico

Edward Chace Tolman

Edward Chace Tolman (Newton, 1886 – Berkeley, 1959). L’esperimento di Tolman sui ratti e il labirinto svelò un aspetto sorprendente dell’apprendimento: l‘apprendimento latente. I ratti, anche senza ricompensa immediata, erano in grado di costruire mappe cognitive del labirinto, dimostrando che l’apprendimento non è sempre legato a comportamenti osservabili.

Anche Edward Tolman propose una impostazione molare del comportamento spiegandolo facendo riferimento alle variabili intervenienti. I processi interni che modulo il comportamento animale sono delle variabili intervenienti che sono il requisito fondamentale dell’apprendimento.

Egli illustrò un esperimento su quello che definì apprendimento latente. Egli confrontò l’apprendimento del percorso di un labirinto in tre gruppi di ratti. Osservò che quello rinforzato con il cibo apprendeva il percorso in poche ore. I ratti che non erano stati sottoposti alla sessione di rinforzo,invece, non erano capaci di trovare l’uscita del labirinto. Il terzo gruppo, fu rinforzato solo a partire dal dodicesimo giorno di prove, ma migliorò immediatamente la prestazione al pari di quelli rinforzati fin dal primo giorno.

Secondo Tolman gli animali avevano appreso il percorso anche in assenza di rinforzo e l’assenza della prestazione non significa anche senza dell’apprendimento come invece affermava Hull. Esiste un apprendimento latente che si può manifestare in dovute condizioni.  Negli animali si sarebbero formate delle mappe cognitive una struttura (simili a delle strutture della Gestalt) ovvero degli schemi del labirinto che il ratto poteva utilizza prontamente nel momento in cui iniziava ad essere rinforzato.

Crisi del Comportamentismo

Il comportamentismo iniziò a entrare in crisi negli anni ’60 a causa di diversi fattori, tra cui le nuove acquisizioni della neuroscienza e il crescente sviluppo del cognitivismo. Durante gli anni ’50 e ’60, emersero numerose aree di ricerca esterne alla psicologia tradizionale, che contribuirono al superamento del paradigma comportamentista e alla transizione verso il cognitivismo. Questo cambiamento fu reso possibile dall’influenza di discipline che, pur separate dalla psicologia, ne modificarono profondamente il panorama teorico ed empirico.

La prima di queste è stata negli anni 40-50 la cibernetica il cui autore più importante è stato Norbert Wiener che si occupò di elaborare dei modelli del comportamento umano da riproporre all’interno di macchine artificiali. Macchine intelligenti che simulano il comportamento umano per perseguire degli scopi, in grado di corregersi in funzione di stimoli esterni. Viene perciò introdottto il termine feed-back. L’introduzione di questo concetto rappresentò una svolta fondamentale, poiché consentì di interpretare il comportamento umano e artificiale come sistemi dinamici regolati da meccanismi di controllo e adattamento.

Norbert Wiener (26 novembre 1894 – 18 marzo 1964), matematico, informatico e filosofo statunitense, fu una delle menti più visionarie del XX secolo. Docente al MIT, già bambino prodigio, rivoluzionò lo studio dei processi stocastici e del rumore matematico, con applicazioni fondamentali nell’ingegneria elettronica, nelle telecomunicazioni e nei sistemi di controllo. Considerato il fondatore della cibernetica – scienza che esplora le analogie tra comunicazione umana, organismi viventi e macchine – il suo lavoro influenzò campi eterogenei: dall’informatica (John von Neumann) alla teoria dell’informazione (Claude Shannon), dall’antropologia (Margaret Mead, Gregory Bateson) alle neuroscienze. Wiener teorizzò che ogni comportamento intelligente derivi da meccanismi di feedback, intuizione pionieristica per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. La sua eredità interdisciplinare unisce scienza, tecnologia e filosofia, plasmando una visione olistica del rapporto tra uomo, macchina e società.

Negli anni ’50, il parallelo tra il funzionamento del calcolatore e quello della mente umana guadagnò terreno, ponendo le basi per la nascita delle scienze cognitive. Successivamente, i progressi tecnologici favorirono lo sviluppo delle neuroscienze. L’introduzione del microscopio elettronico, ad esempio, portò alla scoperta della sinapsi, fornendo una comprensione più dettagliata delle basi fisiologiche del comportamento e dell’apprendimento.

Infine, lo sviluppo dell’etologia negli stessi decenni spostò l’attenzione sullo studio del comportamento animale nel suo contesto naturale. Questo approccio sottolineò l’importanza della specificità di specie, evidenziando come i vincoli evolutivi determinino le capacità di apprendimento e le modalità con cui gli organismi si adattano al proprio ambiente.

Questi sviluppi interdisciplinari hanno contribuito in modo determinante a ridefinire il campo della psicologia, segnando la transizione da un modello rigidamente comportamentista a una visione più articolata e integrata del comportamento umano e animale.

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Pubblicato da altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

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