Kurt Lewin e la Psicologia Topologica: La Teoria del Campo

Kurt Lewin e la Psicologia Topologica: La Teoria del Campo

Secondo Kurt Lewin, il comportamento umano non può essere compreso analizzando solo elementi isolati come sensazioni, pensieri o emozioni, ma deve essere visto come il risultato di un campo dinamico in cui molteplici forze psicologiche e ambientali interagiscono. Questa teoria, nota come “teoria del campo” o “psicologia topologica”, abbandona l’approccio statico e strutturale della psicologia tradizionale, in favore di una visione in cui l’individuo è immerso in uno spazio di vita (o “Lebensraum”), influenzato costantemente da forze interne ed esterne. Queste forze agiscono in un sistema interconnesso, in cui cambiamenti in una parte del sistema hanno ripercussioni sull’intero comportamento. Lewin riteneva che questo approccio consentisse una comprensione più profonda della dinamica tra individuo e ambiente, permettendo di predire e spiegare comportamenti concreti in contesti reali.


Scopri in questo video il pensiero di Kurt Lewin, una figura chiave nella nascita della psicologia sociale moderna.

Introduzione storica

Kurt Lewin (Mogilno, 9 settembre 1890 – Newtonville, 12 febbraio 1947) fu una figura centrale nella psicologia del XX secolo, il cui lavoro si sviluppò in un periodo storico di profonde trasformazioni sociali e politiche. Per comprendere appieno il suo contributo, è essenziale contestualizzarlo nel suo tempo.

Situata al confine tra la Grande Polonia e la Cuiavia, Mogilno affonda le sue radici in un insediamento pre-medievale (VIII-X secolo) sorto su una lingua di terra tra il Lago Mogileńskie e paludi. La fondazione dell’abbazia benedettina (1065) da parte di Boleslao II diede impulso allo sviluppo urbano, sancito dai diritti civici ottenuti nel 1398. Sotto il dominio abbaziale fino al 1773, Mogilno passò poi alla Prussia con la prima spartizione della Polonia (1772), per tornare infine alla Polonia nel 1920.

Lewin nacque in Prussia (nell’attuale Polonia) in un periodo di rapida industrializzazione e fermento culturale in Europa. La sua formazione avvenne in Germania durante gli anni della Repubblica di Weimar, un’epoca di grande instabilità politica e sociale, caratterizzata da forti tensioni ideologiche e dall’ascesa del nazismo. Questo contesto influenzò profondamente il suo interesse per le dinamiche di gruppo, il cambiamento sociale e l’impatto del contesto sul comportamento individuale.

Un evento cruciale fu l’ascesa al potere del nazismo nel 1933, che costrinse Lewin, di origine ebraica, a emigrare negli Stati Uniti. Questo trasferimento segnò una nuova fase della sua carriera, durante la quale continuò le sue ricerche e contribuì significativamente allo sviluppo della psicologia sociale americana. Gli anni ’30 negli Stati Uniti furono caratterizzati dalla Grande Depressione, un periodo di grave crisi economica e disoccupazione di massa, che accentuò le disuguaglianze sociali e le tensioni politiche. Successivamente, gli Stati Uniti furono coinvolti nella Seconda Guerra Mondiale, un evento che ebbe un impatto profondo sulla società americana e che influenzò anche le ricerche di Lewin, in particolare nel campo della leadership e del cambiamento di atteggiamenti.

La teoria del campo o psicologia topologica

Kurt_Lewin

Lewin Kurt Zadek Lewin, nato nel 1890 in Polonia, è considerato uno dei padri fondatori della psicologia sociale. Le sue teorie hanno avuto un impatto significativo, in particolare nell’ambito della dinamica di gruppo, dove sono state applicate per migliorare la collaborazione e risolvere conflitti in contesti educativi e lavorativi. La sua influenza è stata fondamentale nello sviluppo di questa disciplina, e le sue teorie continuano a essere studiate e applicate oggi.(Foto da en.wikipedia.org.)

La concezione di Kurt Lewin   è stata denominata teoria del campo o psicologia topologica. Lewin concentrò le sue ricerche sugli aspetti psicodinamici, piuttosto che, su quelli cognitivi per descrivere l’azione umana e le dinamiche dei gruppi. Questa concezione mise l’opera lewiniana in una posizione autonoma rispetto alla scuola di Berlino.

La sua “posizione autonoma” rispetto alla scuola di Berlino si riferisce alla scelta di adottare un approccio che non limitava l’analisi ai principi della Gestalt, ma che li ampliava per includere una visione dinamica del comportamento umano e delle forze che agiscono in un campo psicologico complesso.

Psicodinamica e Teoria del Campo

Lewin affermava che la condizione necessaria del verificarsi di un evento psichico è la presenza di energie psichiche. Esse in conseguenza della formulazione di un proposito o al presentarsi di un bisogno creano delle tensioni. Quindi, uno stimolo esterno può attivare un processo psichico che però riceve la sua energia internamente.

L’attività psichica, quindi, è retta da principi dinamici di un campo di energia. Lewin spiega il comportamento con la funzione:

C= f(P;A)

Il comportamento è funzione dell interazione tra la persona (P) e l ambiente psicologico (A).

Il comportamento (C) è descritto come funzione (f) dell’interazione tra la persona (P) e l’ambiente psicologico (A). Questo significa che il comportamento umano non è determinato da un solo fattore isolato, ma piuttosto dall’interazione dinamica tra l’individuo e il contesto in cui si trova. La persona rappresenta le sue caratteristiche interne, come emozioni, bisogni e motivazioni, mentre l’ambiente psicologico include tutti gli elementi del contesto che possono influenzare le azioni, come oggetti, persone e situazioni. Ad esempio, un individuo potrebbe reagire diversamente allo stesso stimolo in due ambienti differenti, a causa delle specifiche influenze di ciascun contesto. Questa relazione dinamica spiega perché il comportamento umano è spesso imprevedibile e varia da una situazione all’altra.

Lo Spazio di Vita e l’Ambiente Psicologico

Lo spazio di vita che delimita la persona include tutti i fatti che esistono per la persona ed esclude quelli che per essa non esistono. L’ambiente psicologico è quella parte di tale spazio di vita che racchiude le persone e le loro attività gli oggetti con i quali interagiscono (interazione psicologica). Però, quando la persona passa a un’altra attività si crea una dislocazione del suo ambiente psicologico che Lewin chiama locomozione da una regione ad un’altra.

La persona comprende due principali regioni:
1. regione percettivo motoria,
2. regione interna personale.

Quest’ultima può essere divisa in altre sotto regioni che sono separate ma allo stesso tempo comunicanti tra di loro.

Le proprietà dinamiche delle regioni dello spazio vitale, come l’attrattività e le barriere, rappresentano i fattori che influenzano direttamente i comportamenti e gli eventi psicologici di un individuo.

  • Attrattività: Una regione dello spazio vitale è considerata attraente quando esercita una forza che spinge l’individuo a dirigersi verso di essa. Ad esempio, un obiettivo desiderabile o una situazione favorevole agiscono come un “campo di forza positiva” che orienta i movimenti e le decisioni della persona.
  • Barriere: Questi sono ostacoli, fisici o psicologici, che limitano il movimento dell’individuo verso una regione dello spazio vitale o verso un obiettivo. Possono essere interne, come dubbi, paure o insicurezze, oppure esterne, come regole, divieti o situazioni ambientali avverse.

Al di là dello spazio di vita, però, vi è uno spazio esterno; il mondo fisico e tra questi due spazi vi è una influenza reciproca.

In questo contesto, lo spazio vitale diventa una mappa dinamica delle forze che agiscono sull’individuo. Ogni regione dello spazio ha un valore diverso, determinato dall’equilibrio tra attrattività e barriere. Ad esempio:

  • Se una regione è altamente attraente e priva di barriere significative, è probabile che l’individuo si muova verso di essa.
  • Se una regione è attraente ma circondata da barriere difficili da superare, si può generare conflitto, frustrazione o regressione (un ritorno a comportamenti meno differenziati o più semplici).

Queste proprietà dinamiche spiegano come e perché una persona sceglie determinate azioni o sviluppa particolari stati psicologici in risposta al contesto in cui si trova.

Lo sviluppo viene descritto come un processo di progressiva differenziazione comportamentale, in cui aumenta sia la varietà delle azioni disponibili sia il livello di organizzazione gerarchica del comportamento. Contestualmente, si verifica un’estensione dello spazio vitale, ovvero del mondo psicologico che influenza le scelte e le azioni dell’individuo. Questo ampliamento non riguarda solo le dimensioni spaziali, ma include anche una prospettiva temporale sempre più ampia: con l’età, l’individuo passa dal considerare il tempo in termini di ore e giorni, fino a mesi, anni e persino una visione che abbraccia l’eternità.

Un aspetto centrale dello sviluppo è la formazione di una gerarchia dei bisogni, dove i bisogni più dominanti esercitano un controllo su quelli subordinati. Questa struttura gerarchica diventa sempre più complessa con il progredire dello sviluppo, creando una crescente interdipendenza tra i vari livelli di necessità e influenzando il comportamento in modo organizzato e sistematico.

Ricerche a Berlino negli anni ’30 e ’40

I principi teorici elaborati da Lewin furono verificati in una serie di esperimenti svolti a Berlino negli anni ’30, un periodo caratterizzato da un fermento scientifico e culturale particolarmente vivace. In questo contesto, le sue ricerche furono influenzate sia dalle teorie della Gestalt che dai dibattiti sulla psicologia sperimentale. Berlino, all’epoca, era un importante centro per lo sviluppo delle scienze comportamentali, con istituzioni che promuovevano lo studio rigoroso dei processi mentali e sociali, offrendo a Lewin l’ambiente ideale per testare e perfezionare le sue ipotesi sulla dinamica dei gruppi e sull’interazione individuo-ambiente.

Bluma Zeigarnik, ispirata dalle osservazioni del suo professore Kurt Lewin, studiò un fenomeno psicologico che prese il suo nome: l’effetto Zeigarnik. Nel 1927, pubblicò uno studio basato sull’osservazione di camerieri che ricordavano meglio gli ordini in sospeso rispetto a quelli già serviti.
Per convalidare questa osservazione, Zeigarnik condusse un esperimento in cui i partecipanti dovevano completare una serie di esercizi. I risultati mostrarono che i soggetti ricordavano circa il doppio degli esercizi non completati rispetto a quelli portati a termine.
In sintesi, l’effetto Zeigarnik descrive la tendenza della mente umana a ricordare meglio i compiti interrotti rispetto a quelli completati. Questo accade perché l’inizio di un’attività crea una sorta di “tensione” o motivazione a completarla, che rimane irrisolta in caso di interruzione, mantenendo il compito più vivido nella memoria.Un esempio pratico di questo effetto è l’uso del “cliffhanger” nelle narrazioni, come nelle telenovele, dove la trama viene interrotta in un momento di suspense per incentivare lo spettatore a continuare la visione.

Il primo fu condotto da una sua collaboratrice, Bluma Zeigarnik, che aveva sottoposto dei compiti a dei soggetti e a metà dei quali venivano interrotti. I soggetti ricordavano meglio i compiti interrotti rispetto a quelli completati. Lewin cercò la spiegazione di questo fenomeno considerando che l’esigenza di completamento dei compiti (nel senso gestaltista per cui una forma tende completarsi) avrebbe generato una tensione psichica che persisteva fino a che i compiti non erano completati. La tensione era la causa del ricordo di compiti interrotti. Lewin metteva così in relazione i processi cognitivi (come la memoria) con quelli dinamici (tensione).

Nel 1941 lavorò sulla frustrazione e la regressione dei bambini. In una prima fase di una ricerca, dei bambini dai 2 ai 5 anni furono portati in una stanza. Qui potevano giocare con dei giochi privi di qualche pezzo. Nonostante questo i bambini erano felici in quanto supplivano i pezzi mancanti con la fantasia. In una seconda fase, fu permesso loro di accedere nella stanza accanto dove si trovavano giocattoli integri. Anche in questa fase, bambini continuarono ad essere contenti e a divertirsi con i giochi. Nella terza fase, le stanze furono divise: una parte conteneva i giochi integri e l’altra parte giochi a cui mancavano delle parti. In questa fase, i bambini potevano giocare solo con i giochi rotti. Questa volta, però, la vista dei giocattoli integri bloccò l’attività fantasiosa e i bambini più grandi regredirono a un comportamento simile a quello dei più piccoli. La frustrazione è interpretata come una limitazione dello spazio di movimento libero, causata da barriere interne o esterne. Essa non solo impedisce l’azione verso un obiettivo specifico, ma può anche influenzare comportamenti non direttamente collegati.

Frustration and regression: an experiment with young children.
Autori: Roger Barker, Tamara Dembo e Kurt Lewin
Anno di pubblicazione: 1941
Obiettivo: Studiare l’effetto della frustrazione sul comportamento di bambini in età prescolare, in particolare la possibile regressione a comportamenti di gioco meno maturi.
Lo studio adotta un approccio basato sulla teoria del campo, che analizza la situazione in un dato momento considerando la topologia dello spazio vitale (life space) e le proprietà dinamiche delle sue regioni (es. attrattività, barriere) come determinanti degli eventi. In questo contesto, la regressione è interpretata come una reazione alle condizioni dinamiche presenti nello spazio vitale.
Si distingue tra un aspetto storico, che descrive la sequenza dei comportamenti nella storia di vita, e un aspetto sistematico, che analizza le condizioni di cambiamento in un momento specifico
Partecipanti: 30 bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni (28-61 mesi).
Procedura:
Fase 1: Gioco libero: I bambini giocavano liberamente in una stanza con giocattoli attraenti. Il loro comportamento veniva osservato e valutato in base a una scala a 7 punti di “costruttività” del gioco.
Fase 2: Introduzione di una stanza più attraente: I bambini venivano introdotti in una stanza ancora più attraente, con giocattoli più desiderabili. Il loro gioco veniva osservato e valutato come nella fase precedente.
Fase 3: Induzione della frustrazione: I bambini venivano riportati nella stanza meno attraente, ma la stanza più desiderabile rimaneva visibile, separata da una barriera che ne impediva l’accesso. Questa situazione creava la condizione di frustrazione.
Osservazione post-frustrazione: Il comportamento dei bambini veniva nuovamente osservato e valutato durante la fase di frustrazione.
Misurazione:
Costruttività del gioco: Misurata con una scala a 7 punti, che valutava la complessità e la maturità delle attività di gioco.
Forza della frustrazione: Misurata in base alla proporzione di tempo trascorso in comportamenti di “barriera” (tentativi di superare la barriera) e di “fuga” (tentativi di allontanarsi dalla situazione frustrante).
Risultati principali :
Correlazioni nella fase di gioco libero: Correlazione tra costruttività e età mentale: r = .73 (o .81 escludendo 4 soggetti).
Correlazione tra costruttività e età cronologica: r = .79 (o .81 escludendo 4 soggetti).
Effetto della frustrazione: La frustrazione portava a una diminuzione della costruttività del gioco, equivalente in media a una regressione di 17.3 mesi di età mentale.
Relazione tra forza della frustrazione e regressione: I bambini che mostravano una maggiore forza di frustrazione (più tempo speso in comportamenti di barriera e fuga) mostravano anche una maggiore riduzione della costruttività del gioco.
Critiche:
Modestia dei risultati quantitativi: L’effetto della frustrazione sulla costruttività, misurato quantitativamente, risultò meno marcato di quanto ipotizzato.
Differenze individuali: Alcuni bambini non mostrarono una significativa regressione, e alcuni addirittura mostrarono un aumento della costruttività
Scala di misurazione: La validità e l’oggettività della scala di “costruttività” possono essere messe in discussione.

Psicologia di Gruppo e Ricerca-Azione

Le branche principali avviate da Lewin furono due: la dinamicità di gruppo e la ricerca azione detta anche ricerca attiva o partecipante.

Il gruppo, che costituiva l’unità di analisi della psicologia sociale, era definito in modo gestaltista e dinamico come qualcosa di più o di diverso dalla semplice somma dei suoi membri. Ha una struttura propria e fini peculiari. Quel che ne costituisce l’essenza è la loro interdipendenza. Infatti, un cambiamento di stato di una sua parte, interessa lo stato di tutte le altre.

La ricerca azione fu indirizzata allo studio di problemi sociali concreti e alle strategie d’intervento.

Secondo Lewin, i professionisti impegnati nel miglioramento delle relazioni di gruppo spesso si trovano in una condizione di incertezza definita come “nebbia”, che riguarda tre aspetti fondamentali: la valutazione della situazione attuale, l’identificazione dei pericoli e, soprattutto, le azioni da intraprendere. Questa mancanza di chiarezza non solo genera frustrazione, ma rende anche difficile misurare i progressi ottenuti. Molti esperti nel campo delle relazioni di gruppo ammettono che uno dei maggiori ostacoli al loro lavoro è l’incapacità di definire con precisione cosa debba essere fatto. Questa incertezza mina l’efficacia delle loro iniziative, creando un circolo vizioso che limita l’impatto delle azioni intraprese.

Il superamento di questa nebbia richiede un tipo di ricerca orientata alla pratica sociale, nota come “ricerca-azione“.

La ricerca azione, infatti, è un processo che combina la raccolta di dati e l’analisi con l’azione sociale, con l’obiettivo di comprendere le dinamiche di gruppo e migliorare le pratiche sociali. È uno strumento che serve a valutare, imparare, pianificare e modificare le azioni intraprese per raggiungere specifici obiettivi.

Infatti, un modello razionale per la gestione del cambiamento sociale si fonda su un ciclo continuo di pianificazione, esecuzione e ricerca valutativa. Questo approccio, d”, prevede che ogni fase sia composta da una sequenza di pianificazione, azione e verifica dei risultati ottenuti. La valutazione non si limita a misurare i risultati finali, ma diventa uno strumento fondamentale per apprendere, correggere e adattare i piani in corso d’opera, rendendo il processo di gestione sociale dinamico ed efficace.

Per realizzare ciò, nel 1947 sono stati fondati i training groups. Questi sono gruppi di formazione legati alla progettazione e alla soluzione dei problemi e conflitti sociali in un clima di cooperazione democratica da maturarsi nel gruppo.

La nascita dei Training Groups (T-groups):
Un T-group, noto anche come gruppo di formazione o di sensibilizzazione, in cui i partecipanti, solitamente da otto a quindici, esplorano se stessi e i processi dei piccoli gruppi attraverso l’interazione reciproca. Utilizzano strumenti come feedback, problem solving e role-playing per migliorare la consapevolezza di sé, degli altri e delle dinamiche di gruppo.
Ricerche sperimentali hanno studuiato gli effetti della partecipazione a un T-group. Uno studio del 1975 di Nancy E. Adler e Daniel Goleman ha evidenziato che gli studenti coinvolti in un T-group mostrano miglioramenti significativi nel raggiungimento dei loro obiettivi rispetto a chi non ha partecipato. Carl Rogers ha elogiato i gruppi di sensibilizzazione definendoli “l’invenzione sociale più significativa del secolo”.
L’idea dell’incontro come “una connessione tra due individui, faccia a faccia,” fu introdotta da J.L. Moreno a Vienna tra il 1914 e il 1915, evolvendosi nella sua terapia psicodrammatica. Negli anni ’40, Kurt Lewin, sviluppò ulteriormente il concetto nei National Training Laboratories (NTL Institute) a Bethel, nel Maine, come un metodo per studiare e modificare atteggiamenti e comportamenti individuali. Originariamente pensato come una tecnica di ricerca, il T-group è diventato un modello educativo e terapeutico per persone non affette da disturbi psichiatrici.
Gli incontri di T-group sono caratterizzati dall’assenza di un’agenda precisa, struttura o obiettivo dichiarato. I partecipanti sono incoraggiati a esprimere le loro reazioni emotive, come rabbia o paura, in risposta alle interazioni con gli altri membri del gruppo. L’obiettivo è condividere emozioni anziché giudizi, permettendo ai partecipanti di capire come le loro parole e azioni influenzano emotivamente gli altri.

La ricerca sociale si confronta con due tipi distinti di domande: da un lato, l’identificazione di leggi generali che regolano la vita di gruppo e, dall’altro, la diagnosi di situazioni specifiche. Le leggi generali forniscono il quadro teorico necessario per comprendere e raggiungere determinati obiettivi, ma è la diagnosi della situazione specifica a garantire che le azioni siano adeguate al contesto. Come nel caso di un ingegnere o di un chirurgo, non basta conoscere le leggi fisiche o fisiologiche generali; è indispensabile avere una comprensione precisa e dettagliata della situazione specifica su cui si opera.

La Nuova Psicologia Galileiana

Lewin fu critico nei confronti della concezione aristotelica della psicologia, che si concentrava sulla classificazione degli oggetti e delle esperienze. Al contrario, egli proponeva una nuova psicologia galileiana, basata sulla formulazione di leggi generali che potessero spiegare e prevedere il comportamento umano in situazioni specifiche. Secondo Lewin, la psicologia era ancora allo stadio della scienza aristotelica, infatti, era classificatoria e suddivideva la vita psichica in campi separati. Ricercava caratteristiche comuni senza un accordo tra i vari campi e le varie classi di comportamento. La nuova psicologia di stampo galileiano, quindi, doveva prefiggersi la ricerca di leggi generali che consentissero di integrare i mondi psichici separati e permettere di predire anche il verificarsi di casi individuali.

Secondo questa concezione, la nuova impostazione galileiana, in psicologia, ha dimostrato che la dinamica dei processi non deve essere derivata solo dai singoli elementi della percezione, ma dalla struttura complessiva. La dinamica della percezione non può essere compresa solo attraverso il metodo aristotelico che porta ad escludere la situazione, ma anche grazie all’analisi di una forma definita nell’ambito di un contesto.

Conclusione

In conclusione, il significato storico delle ricerche di Kurt Lewin risiede nel suo approccio innovativo volto a studiare i processi psicologici in modo integrato, combinando dinamiche cognitive e forze psicologiche all’interno di contesti reali e concreti.

A differenza di molti suoi contemporanei, Lewin ha cercato di superare i limiti degli esperimenti artificiali di laboratorio, proponendo un’analisi del comportamento umano che considerasse l’interazione tra individuo e ambiente nel loro complesso, all’interno del “campo psicologico”. Questo concetto, noto come “spazio di vita”, rappresentava l’insieme delle forze che agiscono sull’individuo e che determinano le sue azioni.

Lewin ha anche il merito di aver collegato queste teorie all’intervento pratico, attraverso strumenti come la “ricerca-azione”, evidenziando la centralità dei bisogni psicologici e delle energie che guidano il comportamento umano. Il suo approccio ha contribuito a una visione più dinamica e contestualizzata della psicologia, mostrando che per comprendere l’uomo è necessario considerare non solo le sue caratteristiche interne, ma anche l’influenza reciproca tra il suo mondo psichico e l’ambiente esterno. Lewin ha così gettato le basi per una psicologia più pragmatica e orientata all’intervento sociale, facendo emergere l’importanza di affrontare i problemi concreti attraverso la cooperazione e il cambiamento collettivo.

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Pubblicato da altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

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