La costanza del colore

La costanza del colore

INTRODUZIONE

Piet Mondrian, con le sue celebri composizioni astratte basate su linee rette e colori primari, ha catturato l’essenza della semplicità e dell’ordine nella percezione visiva. Ma come facciamo noi, osservatori, a percepire un quadrato rosso nel quadro di Mondrian come intrinsecamente rosso, indipendentemente dalle variazioni della luce ambientale?

La risposta a questo quesito ci porta a trattare del concetto di costanza del colore. Questo fenomeno percettivo ci permette di percepire gli oggetti come aventi un colore relativamente stabile, nonostante le continue variazioni delle condizioni di illuminazione.

Una delle teorie più influenti è la teoria retinex, propone che il sistema visivo non si limita a registrare le lunghezze d’onda della luce che colpiscono la retina, ma confronta le informazioni provenienti da diverse regioni della scena visiva. In altre parole, il cervello “calcola” il colore di un oggetto in relazione al suo contesto, permettendoci di percepire la costanza del colore.

Un altro concetto fondamentale è quello di opponenza cromatica. La nostra percezione dei colori non è basata su tre colori primari indipendenti (rosso, verde e blu), ma su coppie di colori opposti: rosso-verde, blu-giallo e bianco-nero. Questo meccanismo contribuisce alla nostra capacità di discriminare i colori e di percepire le sfumature.

In questo articolo esploreremo in profondità i meccanismi neurali alla base della costanza del colore, le teorie più accreditate e le implicazioni per la nostra comprensione della percezione visiva. Scopriremo come le opere d’arte, come quelle di Mondrian, possono aiutarci a comprendere meglio i limiti e le meraviglie del nostro sistema visivo

Esempio dei reticoli creati da Mondrian

Reticolo geometrico di Mondrian: un esempio di come l’artista abbia utilizzato forme semplici e colori primari per creare composizioni complesse e suggestive

I TRE TIPI DI COSTANZA

Una delle più importanti funzioni del sistema visivo consiste nell’essere in grado di riconoscere un oggetto in differenti condizioni di visibilità. Esiste un fenomeno definito costanza dell’oggetto che ci permette di percepire invariata la dimensione di un oggetto quando la sua distanza si modifica. Per questo motivo se vediamo un oggetto su uno schermo che si rimpicciolisce e ingrandisce ci sembrerà che si stia muovendo, infatti, il sistema visivo assume che la dimensione dell’oggetto sia costante e interpreta i cambiamenti di dimensione come variazioni della distanza dell’oggetto. 

Un altro esempio è la costanza della luminosità. Nel corso di una normale giornata, i livelli di luce cambiano, ma la luminosità di ogni oggetto varia poco. Il sistema visivo adatta la misura della luminosità dell’oggetto a quella del resto dell’ambiente, in modo tale che la luminosità dell’oggetto appaia costante rispetto a ciò che lo circonda. Un problema simile riguarda la percezione del colore. Durante il giorno il contenuto spettrale della luce varia notevolmente ma le superfici e gli oggetti conservano la loro colorazione a dispetto di un’ampia gamma di variazioni nella composizione delle lunghezze d’onda e dell’energia che essi riflettono. Questo fenomeno è noto come costanza del colore.

Queste costanze ci permettono di percepire il mondo in modo stabile e coerente, nonostante le continue variazioni delle condizioni di illuminazione e distanza. Il nostro sistema visivo, infatti, compensa automaticamente queste variazioni, consentendoci di riconoscere gli oggetti e le loro proprietà in modo affidabile.
Osservazioni:
Adattamento: Questi fenomeni sono strettamente legati al concetto di adattamento del sistema visivo. Il nostro cervello si adatta continuamente alle condizioni ambientali per garantire una percezione stabile e accurata.
Relatività: La percezione è sempre relativa al contesto. La luminosità di un oggetto, ad esempio, è giudicata in relazione alla luminosità degli oggetti circostanti.
Importanza evolutiva: Queste costanze hanno un’importanza evolutiva fondamentale, in quanto ci permettono di interagire efficacemente con il mondo circostante.

GLI ESPERIMENTI LAND-MONDRIAN

In questi esperimenti i soggetti dovevano guardare un mosaico multicolorato, costituito da differenti pezzi di carta di colori diversi incollati insieme. Questo mosaico fu denominato Color Mondrian. I rettangoli e i quadrati che costituivano il mosaico, differivano in forma e dimensioni e creavano una scena astratta. Nessun cartoncino era circondato da un altro avente lo stesso colore. I diversi pezzi erano formati da carta opaca che rifletteva una costante quantità di luce in tutte le direzioni. Il mosaico era illuminato da tre proiettori; il primo aveva un filtro che lasciava passare solo luce rossa, il secondo luce verde, ed il terzo luce blu.

In uno degli esperimenti, l’intensità della luce riflessa da un cartoncino verde era regolata in modo che riflettesse 60 unità di luce rossa, 30 unità di luce verde e 10 di luce blu. I soggetti riportarono che il cartoncino era di colore verde, sebbene riflettesse più luce rossa. Questo è un esempio di percezione del colore non corrispondente al colore della lunghezza d’onda predominante riflessa dall’oggetto.

Un una seconda sessione, il soggetto osservava lo stesso cartoncino, illuminato dalla stessa luce, ma questa volta il cartoncino era presentato isolatamente nella condizione detta condizione di visione vuota. In questo caso, il colore percepito corrispondeva alla lunghezza d’onda della luce riflessa dal cartoncino. Ciò suggerisce che la percezione del colore era determinata non solo dalla composizione delle lunghezze d’onda della luce riflessa dal cartoncino, ma anche dalla composizione delle lunghezze d’onda riflesse dalle superfici circostanti.

Meccanismi cognitivi alla base della percezione del colore La tabella presenta una sintesi dei risultati dell’esperimento sul Color Mondrian, evidenziando i meccanismi cognitivi (adattamento cromatico, costanza del colore) che sottostanno alla nostra percezione del colore e come questi siano influenzati dal contesto visivo.

RIFLETTANZA E LUMINOSITA’

Per costruire una rappresentazione del colore, che rimanga costante nonostante le variazioni dell’illuminazione spettrale di una superficie, il sistema visivo deve trovare qualche aspetto dello stimolo che non cambi.

In una superficie, una costante fisica invariabile è la sua riflettanza. Ad es. una superficie rossa avrà un’alta riflettanza per la luce rossa e bassa per il verde e blu. Se l’intensità della luce che colpisce l’oggetto cambia, la proporzione di luce rossa, verde e blu, non cambia, perciò il sistema visivo ignora le informazioni riguardanti l’intensità di luce e si concentra sulla sua riflettanza. Se s’illumina con una luce rossa un cartoncino rosso ed uno verde, il primo che ha già un alta riflettanza per il rosso apparirà più luminoso. Per questo motivo il correlato biologico della riflettanza è la luminosità.

Quando si osserva un’intera scena, ogni superficie avrà una differente luminosità in funzione della sua efficienza nel riflettere la luce di ciascuna lunghezza d’onda (registrazione di luminosità). In condizioni di normale luce diurna esiste una misura di lunghezze d’onda, e ogni loro combinazione produrrà registrazioni di una distinta luminosità.

La teoria retinex di Edwin Land propone che nel sistema visivo, siano confrontate le registrazioni di luminosità ottenute a tre diverse lunghezze d’onda, al fine di derivare il colore di una superficie. Quello che noi percepiamo è, perciò il confronto della riflettanza di differenti superfici per luci della stessa lunghezza d’onda (che genera le registrazioni di luminosità), e il confronto delle tre registrazioni di luminosità della scena per le differenti lunghezza d’onda(che genera il colore).

La teoria Retinex e la costanza del colore. La tabella riassume i principi fondamentali della teoria Retinex, che postula che il sistema visivo confronti le registrazioni di luminosità ottenute a tre diverse lunghezze d’onda per inferire la riflettanza delle superfici e, di conseguenza, il loro colore. Questo meccanismo spiega come il sistema visivo sia in grado di mantenere una percezione stabile del colore nonostante le variazioni dell’illuminazione, un fenomeno noto come costanza del colore.

LE BASI BIOLOGICHE DELLA COSTANZA DEL COLORE

Le singole cellule dei blobs, nella corteccia visiva primaria (V1 ) della scimmia hanno piccoli campi recettivi e rispondono solo a determinate lunghezze d’onda. Per es., una cellula potrebbero rispondere alla luce rossa o alla luce bianca. Infatti, se un cartoncino rosso del mosaico Mondrian è posto nel campo recettivo di questa cellula è illuminato dalla tripletta standard di energie (60 rosso, 30 verde e 10 blu), essa risponde vigorosamente, e continua a rispondere anche se è posto un cartoncino verde nel suo campo recettivo, sebbene esso sia percepito come verde. Questo accade poiché la cellula sta rispondendo alla principale lunghezza d’onda della luce riflessa che è rossa, e non al colore percepito. Ci sono altri due tipi di cellule sensibili al colore in V1: le cellule ad opponenza semplice e a doppia opponenza e anche queste mostrano una risposta alla luce riflessa del cartoncino.

cellule a opponenza cromatica semplice

Campi recettivi di cellule gangliari con opponenza cromatica di tipo centro-periferia. I diagrammi mostrano l’organizzazione antagonista dei campi recettivi di cellule gangliari retiniche. La stimolazione del centro del campo recettivo (cerchio interno) provoca una risposta eccitatoria, mentre la stimolazione della periferia (anello esterno) provoca una risposta inibitoria. Questo meccanismo sottolinea l’importanza del contrasto cromatico nella percezione visiva e spiega fenomeni come le afterimages e il contrasto simultaneo.

Nella teoria retinex di Land, le luminosità devono essere generate prima dei colori, perché è il confronto tra le registrazioni della luminosità che conferisce il colore. Un candidato di questa funzione si trova nelle cellule che hanno un’organizzazione centro-periferia come le cellule a doppia opponenza di V1. Queste cellule manifestano una risposta ON alla luce rossa e OFF alla luce verde nel centro mentre in periferia rispondono con polarità opposta. Queste cellule sono in grado di rilevare differenze di luminosità, ma i lori campi recettivi sono molto piccoli, pertanto, possono esercitare la loro funzione solo in una piccola porzione del campo recettivo.

Nell’area V4 sono state osservate cellule selettive per le lunghezze d’onda, le cui risposte sembrano essere correlate con la percezione umana dei colori. I loro campi recettivi sono molto più grandi di quelli osservati in V1. Nell’esperimento dei cartoncini del mosaico Mondrian la cellula rispondeva bene per il cartoncino rosso illuminato dalla luce rossa. Invece, smetteva di rispondere se venivano presentati cartoncini di altro colore, sebbene la lunghezza d’onda dominate fosse il rosso. Questo, suggerisce che le cellule selettive alla lunghezza d’onda in V1 sono implicate con le componenti della lunghezza d’onda riflesse da una superficie. Le cellule V4, invece, sono implicate con il colore della superficie.

Lesioni di V4 in scimmie non compromettono la loro capacità di discriminare lunghezza d’onda., ma danneggia loro la costanza dei colori.

Caratteristiche delle cellule a opponenza cromatica e il loro ruolo nella teoria Retinex:
V1: Le cellule in V1, inclusi i blobs e le cellule a opponenza semplice e doppia, rispondono principalmente alle caratteristiche fisiche della luce (lunghezza d’onda, contrasto). Forniscono le informazioni di base per la costruzione della percezione del colore.
V4: Le cellule in V4 sono più correlate alla percezione del colore come lo sperimentiamo. Sono sensibili al colore percepito di una superficie, indipendentemente dalle variazioni dell’illuminazione.
Teoria Retinex: La teoria Retinex si basa sull’idea che il sistema visivo confronti le registrazioni di luminosità a diverse lunghezze d’onda per determinare il colore di una superficie. Le cellule a opponenza cromatica, in particolare quelle in V1, forniscono i dati grezzi per questi confronti. Le cellule in V4, invece, sembrano essere più coinvolte nella percezione del colore finale.
Osservazioni
Gerarchia: L’elaborazione del colore avviene attraverso una serie di stadi, partendo dalle cellule sensibili alle lunghezze d’onda in V1 fino alle cellule più complesse in V4 che codificano il colore percepito.
Costanza del colore: Le cellule in V4 giocano un ruolo cruciale nella costanza del colore, permettendoci di percepire i colori degli oggetti come costanti nonostante le variazioni delle condizioni di illuminazione.
Limiti: Questa è una semplificazione del complesso processo della percezione del colore. Ci sono molte altre aree del cervello coinvolte e molti altri fattori che influenzano la nostra percezione.

Lobo occipitale e area V4. L’immagine mostra il lobo occipitale del cervello umano, in particolare il giro linguale (in giallo), sede dell’area V4. Questa regione è cruciale per la percezione del colore e il riconoscimento degli oggetti, svolgendo un ruolo fondamentale nella via ventrale della visione

lobo occipitale

L’AREA V4 NEGLI ESSERI UMANI

La percezione dei colori negli esseri umani è stata associata con l’attivazione di un’area occipitale ventromediale (nel giro linguale). Secondo alcuni suggerimenti tale area è l’equivalente di V4 delle scimmie. La localizzazione di tale area è in accordo con gli studi di lesioni associate ad acromatopsia.

I neuroni dell’area V4 nella scimmia rispondono preferibilmente alla caratteristiche rilevanti per il riconoscimento degli oggetti, compresi forma e colore.

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Pubblicato da altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

Una risposta a “La costanza del colore”

  1. […] Costanza del colore. È il vostro magnifico cervello a fare tutte le elaborazioni necessarie a correggere la percezione del colore nelle diverse condizioni di luce, e a farvi capire che il vostro maglione verde preferito resta dello stesso verde nella luce fredda di un giorno di pioggia e nella luce dorata di uno splendido tramonto. Il fenomeno si chiama costanza del colore. […]

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