La Costanza del Colore: Meccanismi Neurali e Teorie Visive

La Costanza del Colore: Meccanismi Neurali e Teorie Visive
In questo video approfondiamo un meccanismo fondamentale della visione umana: la costanza del colore e il contributo della Teoria Retinex di Edwin Land. Analizzeremo come il cervello elabora le informazioni visive per mantenere la coerenza dei colori, nonostante le variazioni nell’illuminazione ambientale.

Introduzione al Fenomeno della Costanza del Colore

Piet Mondrian, con le sue celebri composizioni astratte basate su linee rette e colori primari, ha catturato l’essenza della semplicità e dell’ordine nella percezione visiva. Ma come facciamo noi, osservatori, a percepire un quadrato rosso nel quadro di Mondrian come intrinsecamente rosso, indipendentemente dalle variazioni della luce ambientale?

Ci si potrebbe inizialmente aspettare che il colore percepito di oggetti e superfici derivi direttamente dalle lunghezze d’onda predominanti nella luce che essi riflettono. Ad esempio, un oggetto potrebbe apparire rosso perché riflette preferenzialmente lunghezze d’onda lunghe, tipiche della luce rossa. Tuttavia, le superfici e gli oggetti mantengono il loro colore percepito nonostante le molteplici variazioni nella composizione spettrale e nell’energia della luce riflessa, fenomeno noto come costanza del colore. Questo meccanismo percettivo consente al sistema visivo umano di stabilizzare la percezione del colore, mantenendola pressoché invariata anche al variare delle condizioni di illuminazione. Così, un libro rosso sulla scrivania apparirà dello stesso colore sia alla luce naturale del giorno che sotto la luce artificiale di una lampada a incandescenza.

Una delle teorie più influenti è la teoria retinex, propone che il sistema visivo non si limita a registrare le lunghezze d’onda della luce che colpiscono la retina, ma confronta le informazioni provenienti da diverse regioni della scena visiva. In altre parole, il cervello “calcola” il colore di un oggetto in relazione al suo contesto, permettendoci di percepire la costanza del colore.

Un altro concetto fondamentale è quello di opponenza cromatica. La nostra percezione dei colori non è basata su tre colori primari indipendenti (rosso, verde e blu), ma su coppie di colori opposti: rosso-verde, blu-giallo e bianco-nero. Questo meccanismo contribuisce alla nostra capacità di discriminare i colori e di percepire le sfumature.

In questo articolo esploreremo  i meccanismi neurali alla base della costanza del colore, le teorie più accreditate e le implicazioni per la nostra comprensione della percezione visiva. Scopriremo come le opere d’arte, come quelle di Mondrian, possono aiutarci a comprendere meglio i limiti e le meraviglie del nostro sistema visivo

Esempio dei reticoli creati da Mondrian

Reticolo geometrico di Mondrian: un esempio di come l’artista abbia utilizzato forme semplici e colori primari per creare composizioni complesse e suggestive

I Tre Tipi di Costanza Visiva

Il sistema visivo umano possiede una straordinaria capacità: riconoscere gli oggetti come invariati nonostante le continue variazioni nelle condizioni di visibilità. Questo fenomeno, noto come costanza visiva, è fondamentale per permetterci di interagire con il mondo in modo coerente. Esaminiamo tre forme principali di costanza: quella della dimensione, della luminosità e del colore.

Costanza di grandezza
Immaginate di osservare un oggetto che si allontana da voi: la sua immagine retinica si riduce, ma noi non percepiamo che l’oggetto stia diventando più piccolo. Al contrario, il sistema visivo interpreta questi cambiamenti come una variazione della distanza dell’oggetto, mantenendo stabile la sua dimensione percepita. Questo è ciò che accade, ad esempio, quando vediamo un oggetto su uno schermo che sembra rimpicciolirsi o ingrandirsi: sistema visivo assume che la dimensione dell’oggetto sia costante e interpreta i cambiamenti di dimensione come variazioni della distanza dell’oggetto. 

Costanza della luminosità
Durante il giorno, i livelli di illuminazione ambientale variano notevolmente: dall’intensa luce del sole al crepuscolo delicato. Tuttavia, non percepiamo gli oggetti come più scuri o più chiari con il mutare della luce. Questo accade perché il sistema visivo adatta la percezione della luminosità degli oggetti al contesto circostante, calibrandola rispetto al livello di luce nell’ambiente. In questo modo, un foglio bianco appare sempre bianco, sia sotto una luce intensa che in una stanza poco illuminata.

Un esempio affascinante del funzionamento di questa capacità è l’illusione della scacchiera di Adelson. In questa celebre illusione ottica, un cilindro proietta un’ombra su una scacchiera, inducendoci a percepire i quadrati A e B come tonalità di grigio completamente diverse. In realtà, i due quadrati hanno esattamente lo stesso colore, ma il sistema visivo, ingannato dall’ombra, interpreta erroneamente la loro luminosità per mantenere una coerenza visiva con l’ambiente circostante.

Illusione della scacchiera di Adelson

L’illusione della scacchiera di Adelson è un classico esempio di come il nostro sistema visivo possa essere ingannato dal contesto. In questa illusione, l’ombra proiettata da un cilindro su una scacchiera induce l’osservatore a percepire due quadrati, A e B, come aventi tonalità di grigio marcatamente differenti, sebbene siano identici.

Costanza del colore
Un altro aspetto sorprendente del nostro sistema visivo è la costanza del colore, che ci consente di percepire le superfici degli oggetti come invariabilmente colorate, anche quando la luce che li illumina cambia drasticamente. Ad esempio, un oggetto rosso riflette lunghezze d’onda diverse al mattino, a mezzogiorno o al tramonto, ma noi continuiamo a percepirlo come rosso.

Questo fenomeno si basa su complessi processi di compensazione del sistema visivo, che confronta i colori degli oggetti con quelli del contesto circostante per correggere le variazioni di illuminazione.

L’illusione della scacchiera di Adelson offre una dimostrazione anche di questo principio. L’ombra che cade sui quadrati A e B modifica la percezione della fonte luminosa, e il nostro cervello si “adatta” interpretando i colori in modo da mantenere una coerenza visiva. Inoltre, il confronto tra i quadrati e le aree vicine amplifica l’effetto, con A che sembra più scuro perché circondato da quadrati chiari, mentre B appare più chiaro accanto a quadrati scuri.

Questi tre tipi di costanza visiva – grandezza, luminosità e colore – sono il risultato di un sistema visivo altamente sofisticato, capace di filtrare e interpretare le informazioni visive per creare un’esperienza stabile e coerente del mondo che ci circonda.

Queste costanze ci permettono di percepire il mondo in modo stabile e coerente, nonostante le continue variazioni delle condizioni di illuminazione e distanza. Il nostro sistema visivo, infatti, compensa automaticamente queste variazioni, consentendoci di riconoscere gli oggetti e le loro proprietà in modo affidabile.
Osservazioni:
Adattamento: Questi fenomeni sono strettamente legati al concetto di adattamento del sistema visivo. Il nostro cervello si adatta continuamente alle condizioni ambientali per garantire una percezione stabile e accurata.
Relatività: La percezione è sempre relativa al contesto. La luminosità di un oggetto, ad esempio, è giudicata in relazione alla luminosità degli oggetti circostanti.
Importanza evolutiva: Queste costanze hanno un’importanza evolutiva fondamentale, in quanto ci permettono di interagire efficacemente con il mondo circostante.

Gli Esperimenti Land-Mondrian

Negli ultimi 35 anni della sua vita, Edwin Land si è concentrato con profonda intensità sullo studio del colore e in particolare sulla costanza del colore. Nei suoi esperimenti, i partecipanti venivano invitati ad osservare un mosaico multicolore composto da diversi pezzi di carta di varie tonalità, incollati insieme. Questo mosaico è stato denominato “Color Mondrian” per la sua somiglianza con le opere di Piet Mondrian, noto artista tedesco che utilizzava forme geometriche semplici.

I rettangoli e i quadrati che costituivano il mosaico differivano in forma e dimensione, creando così una scena astratta priva di oggetti facilmente riconoscibili. Una caratteristica fondamentale del mosaico era che nessun pezzo di carta era circondato da altri dello stesso colore, il che permetteva a chi lo osservava di vederlo da diverse angolazioni senza che l’esperimento ne risultasse compromesso.

Edwin Herbert Land (1909–1991), inventore e fisico statunitense, è noto per aver co-fondato la Polaroid Corporation e per i suoi contributi pionieristici nella percezione del colore. Attraverso esperimenti innovativi, Land ha esplorato la costanza del colore, un fenomeno percettivo che ci permette di percepire gli oggetti come aventi un colore relativamente stabile, nonostante le continue variazioni delle condizioni di illuminazione. Ha sviluppato la teoria Retinex, unendo i termini “retina” e “corteccia”, per spiegare come il cervello e l’occhio collaborino per mantenere la percezione dei colori costante in diverse condizioni di luce.I suoi studi hanno rivoluzionato la comprensione della visione cromatica, dimostrando che il colore percepito dipende dal confronto delle riflettanze in diversi contesti luminosi, piuttosto che dalle sole lunghezze d’onda della luce riflessa. Questa teoria ha avuto un impatto significativo sia nella scienza della visione che nelle tecnologie di imaging.

Il mosaico era illuminato da tre proiettori, ciascuno dotato di un filtro che consentiva solo il passaggio di una specifica componente cromatica: uno passava solo la luce rossa, un altro solo la luce verde, e il terzo solo la luce blu.

In uno degli esperimenti, l’intensità della luce riflessa da un cartoncino verde veniva regolata in modo da riflettere 60 unità di luce rossa, 30 unità di luce verde e 10 unità di luce blu. Nonostante il cartoncino riflettesse il doppio della luce rossa rispetto a quella verde, i partecipanti riferirono di percepirlo come verde. Questo fenomeno rappresenta un esempio evidente di percezione del colore che non si limita alla lunghezza d’onda predominante riflessa.

L’esperimento venne ripetuto in condizioni differenti: il cartoncino colorato era illuminato dalla stessa luce, ma questa volta era presentato isolatamente, in una condizione nota come “visione vuota“. In tale scenario, il colore percepito corrispondeva alla composizione spettrale della luce riflessa dal cartoncino. Tuttavia, quando i cartoncini circostanti venivano leggermente resi visibili, i partecipanti ripresero a percepire il cartoncino come verde.

Questi risultatisuggeriscono che la percezione del colore non dipende unicamente dalla composizione delle lunghezze d’onda della luce riflessa da un singolo oggetto, ma anche dall’interazione tra le lunghezze d’onda della luce riflessa dalle superfici circostanti.

simulazione esperimento di Land costanza colore

Simulazione con Photoshop dell’esperimento di Edwin Land sulla costanza del colore. L’immagine in alto mostra un “mosaico” di colori. Attraverso un livello di regolazione “Bilanciamento colore” applicato all’intera immagine, è stata simulata un’alterazione della sua composizione spettrale, aumentando la componente rossa . Nonostante ciò, il rettangolo viene percepito come una tonalità di verde grazie al contesto fornito dagli altri colori. L’immagine in basso mostra lo stesso rettangolo isolato su sfondo neutro, rivelando il suo colore reale, marrone/rossastro (come evidenziato dal selettore colore), privo dell’influenza del contesto. Questo dimostra come la percezione del colore sia influenzata dal confronto con l’ambiente circostante, un principio fondamentale della costanza del colore.

Riflettanza e Luminosità: La Chiave della Percezione Cromatica

Il sistema visivo umano è in grado di costruire una rappresentazione stabile del colore, anche in presenza di variazioni della luce che illumina una superficie. Per farlo, si affida a caratteristiche dello stimolo che rimangono invariabili nonostante i cambiamenti ambientali. Una di queste caratteristiche fondamentali è la riflettanza, una proprietà fisica della superficie che descrive la frazione di luce riflessa rispetto alla luce incidente.

Prendiamo, ad esempio, una superficie rossa: essa riflette una grande quantità di luce rossa e molto meno di verde e blu. Anche se l’intensità della luce incidente cambia – ad esempio, passando da una luce intensa a una più debole – la proporzione di luce riflessa nelle diverse lunghezze d’onda (rosso, verde e blu) rimane invariata. Questa stabilità consente al sistema visivo di ignorare le variazioni di intensità luminosa e concentrarsi sulla riflettanza, che è determinante per la percezione del colore.

Immaginate di illuminare un cartoncino rosso e uno verde con una luce rossa. Il cartoncino rosso, avendo una riflettanza elevata per questa lunghezza d’onda, rifletterà molta più luce rispetto al cartoncino verde, che riflette poco il rosso. Di conseguenza, il cartoncino rosso apparirà più luminoso. Questo fenomeno evidenzia il legame tra riflettanza e luminosità, come descritto da Zeki (1993): la percezione della luminosità dipende dall’attività del sistema visivo in risposta alla quantità di luce riflessa da una superficie.

Quando osserviamo una scena nel suo insieme, ogni superficie che la compone ha una luminosità specifica, determinata dall’interazione tra la composizione spettrale della luce incidente e le proprietà di riflettanza della superficie stessa. La quantità di luce che raggiunge l’occhio è quindi il risultato di questa combinazione, e il sistema visivo utilizza queste informazioni per creare una rappresentazione visiva codificata in termini di variazioni di luminosità nelle diverse aree della scena.

In condizioni di illuminazione naturale o artificiale, la luce che colpisce una scena è composta da uno spettro di lunghezze d’onda. Ogni superficie riflette queste lunghezze d’onda in modo unico, creando una sorta di “mappa” di luminosità che varia da un’area all’altra. Questa mappa rappresenta una registrazione di luminosità, una base fondamentale per l’elaborazione visiva.

Secondo la teoria Retinex di Edwin Land, il sistema visivo confronta le registrazioni di luminosità ottenute a tre lunghezze d’onda principali – tipicamente corrispondenti al rosso, verde e blu – per determinare il colore di una superficie. In sostanza, ciò che percepiamo come colore deriva da due confronti fondamentali:

Confronto all’interno della stessa lunghezza d’onda: il sistema visivo analizza come le diverse superfici riflettono la stessa lunghezza d’onda di luce, generando le registrazioni di luminosità relative.

Confronto tra lunghezze d’onda diverse: le registrazioni di luminosità per le tre lunghezze d’onda principali vengono messe in relazione per calcolare il colore percepito di ogni superficie.

Quindi, il colore non è semplicemente la registrazione di una specifica lunghezza d’onda, ma il risultato di un doppio processo di confronto: prima all’interno di ogni lunghezza d’onda e poi tra le diverse lunghezze d’onda.

Anche se le condizioni di illuminazione cambiano e, di conseguenza, varia l’intensità della luce riflessa dalle superfici, la nostra percezione del colore rimane relativamente stabile. Questo accade perché ciò che il sistema visivo confronta non è la quantità assoluta di luce riflessa, ma le riflettanze delle superfici. Poiché la riflettanza è una proprietà intrinseca dell’oggetto e non dipende dall’illuminazione, i rapporti tra le riflettanze delle diverse superfici rimangono costanti anche al variare della luce. Di conseguenza, anche il risultato del doppio confronto (e quindi la percezione del colore) rimane stabile.

In sintesi, anche se la quantità di luce che raggiunge i nostri occhi cambia a seconda dell’illuminazione, i rapporti tra le riflettanze degli oggetti rimangono costanti, e questo permette al nostro sistema visivo di percepire il colore in modo stabile, come risultato di un “confronto del confronto” (Zeki, 1992, 1993).

ConcettoDescrizioneEsempio
Luce incidenteLa luce che colpisce una superficie, proveniente da una sorgente come il Sole o una lampada.Una lampada illumina un cartoncino rosso e uno verde.
RiflettanzaLa frazione di luce riflessa da una superficie rispetto alla luce incidente. Rimane invariata indipendentemente dall’intensità della luce incidente.Una superficie rossa riflette molta luce rossa e poca verde o blu.
LuminositàLa percezione della quantità di luce riflessa da una superficie, elaborata dal sistema visivo.Il cartoncino rosso appare più luminoso sotto una luce rossa rispetto al cartoncino verde, perché riflette più luce.
Registrazione di luminositàUna rappresentazione dell’intensità luminosa codificata nelle diverse aree di una scena visiva.In una scena illuminata, ogni superficie riflette la luce in base alla propria riflettanza, creando una mappa di luminosità.
Teoria RetinexTeoria che spiega come il sistema visivo confronta le registrazioni di luminosità a diverse lunghezze d’onda per determinare il colore percepito.Per calcolare il colore di una superficie, il sistema visivo confronta le riflettanze di superfici diverse alla stessa lunghezza d’onda e tra lunghezze d’onda diverse.
La teoria Retinex e la percezione cromatica:
Questa tabella riassume i principi fondamentali della teoria Retinex, che spiega come il sistema visivo utilizza il confronto delle registrazioni di luminosità a tre diverse lunghezze d’onda per inferire la riflettanza delle superfici e determinare il loro colore. Questo processo consente al sistema visivo di mantenere una percezione stabile del colore, anche in presenza di variazioni dell’illuminazione, un fenomeno noto come costanza del colore.

Le Basi Biologiche della Costanza del Colore

La costanza del colore trova una delle sue basi biologiche nella corteccia visiva primaria (V1), dove specifiche popolazioni di neuroni svolgono un ruolo cruciale nell’elaborazione delle informazioni cromatiche.

Nella V1 della scimmia, i blobs, aree specializzate della corteccia visiva, contengono cellule con piccoli campi recettivi che rispondono selettivamente a determinate lunghezze d’onda della luce. Queste cellule non codificano il colore percepito, ma piuttosto la lunghezza d’onda predominante della luce riflessa da una superficie. Ad esempio, una cellula potrebbe essere particolarmente sensibile alla luce rossa o alla luce bianca. Se un cartoncino rosso del mosaico di Mondrian è illuminato da una combinazione standard di energie (ad esempio, 60% rosso, 30% verde e 10% blu), questa cellula risponderà in modo vigoroso. Tuttavia, continuerà a rispondere allo stesso modo anche se nel suo campo recettivo viene posto un cartoncino verde, purché la lunghezza d’onda predominante riflessa resti invariata.

Questo comportamento neurale evidenzia come tali cellule rispondano principalmente alle proprietà fisiche dello stimolo luminoso, piuttosto che alla percezione cromatica soggettiva. Accanto a queste cellule, nella V1 sono presenti altre due tipologie di neuroni sensibili al colore: le cellule ad opponenza semplice e quelle a doppia opponenza.

  • Cellule ad opponenza semplice: Questi neuroni rispondono a stimoli cromatici in base a un meccanismo di contrasto tra coppie di colori opposti (rosso-verde o blu-giallo), facilitando la discriminazione tra diverse lunghezze d’onda.
  • Cellule a doppia opponenza: Queste cellule mostrano una sensibilità ancora più raffinata, rispondendo non solo alle differenze cromatiche tra stimoli adiacenti, ma anche alle variazioni spaziali di colore all’interno del campo recettivo.

Campi recettivi di cellule gangliari con opponenza cromatica di tipo centro-periferia. I diagrammi mostrano l’organizzazione antagonista dei campi recettivi di cellule gangliari retiniche. La stimolazione del centro del campo recettivo (cerchio interno) provoca una risposta eccitatoria, mentre la stimolazione della periferia (anello esterno) provoca una risposta inibitoria. Questo meccanismo sottolinea l’importanza del contrasto cromatico nella percezione visiva e spiega fenomeni come le afterimages e il contrasto simultaneo.

La combinazione dell’attività di questi diversi tipi di cellule contribuisce a creare una rappresentazione cromatica iniziale che, in stadi successivi del sistema visivo, viene integrata con informazioni contestuali e luminose per supportare la costanza del colore. Questo fenomeno sottolinea la complessità del processamento visivo, in cui le proprietà fisiche della luce interagiscono con i meccanismi neurali per generare un’esperienza percettiva stabile e coerente.

Nella teoria retinex di Land, le luminosità devono essere generate prima dei colori, perché è il confronto tra le registrazioni della luminosità che conferisce il colore. Un candidato di questa funzione si trova nelle cellule che hanno un’organizzazione centro-periferia come le cellule a doppia opponenza di V1. Queste cellule manifestano una risposta ON alla luce rossa e OFF alla luce verde nel centro mentre in periferia rispondono con polarità opposta. Queste cellule sono in grado di rilevare differenze di luminosità, ma i lori campi recettivi sono molto piccoli, pertanto, possono esercitare la loro funzione solo in una piccola porzione del campo recettivo.

Nell’area V4 sono state osservate cellule selettive per le lunghezze d’onda, le cui risposte sembrano essere correlate con la percezione umana dei colori (Zeki, 1983). I loro campi recettivi sono molto più grandi di quelli osservati in V1. Nell’esperimento dei cartoncini del mosaico Mondrian la cellula rispondeva bene per il cartoncino rosso illuminato dalla luce rossa. Invece, smetteva di rispondere se venivano presentati cartoncini di altro colore, sebbene la lunghezza d’onda dominate fosse il rosso. Questo, suggerisce che le cellule selettive alla lunghezza d’onda in V1 sono implicate con le componenti della lunghezza d’onda riflesse da una superficie. Le cellule V4, invece, sono implicate con il colore della superficie.

Lesioni di V4 in scimmie non compromettono la loro capacità di discriminare lunghezze d’onda, ma danneggiano la loro capacità di mantenere la costanza del colore.

Caratteristiche delle cellule a opponenza cromatica e il loro ruolo nella teoria Retinex:
V1: Le cellule in V1, inclusi i blobs e le cellule a opponenza semplice e doppia, rispondono principalmente alle caratteristiche fisiche della luce (lunghezza d’onda, contrasto). Forniscono le informazioni di base per la costruzione della percezione del colore.
V4: Le cellule in V4 sono più correlate alla percezione del colore come lo sperimentiamo. Sono sensibili al colore percepito di una superficie, indipendentemente dalle variazioni dell’illuminazione.
Teoria Retinex: La teoria Retinex si basa sull’idea che il sistema visivo confronti le registrazioni di luminosità a diverse lunghezze d’onda per determinare il colore di una superficie. Le cellule a opponenza cromatica, in particolare quelle in V1, forniscono i dati grezzi per questi confronti. Le cellule in V4, invece, sembrano essere più coinvolte nella percezione del colore finale.
Osservazioni
Gerarchia: L’elaborazione del colore avviene attraverso una serie di stadi, partendo dalle cellule sensibili alle lunghezze d’onda in V1 fino alle cellule più complesse in V4 che codificano il colore percepito.
Costanza del colore: Le cellule in V4 giocano un ruolo cruciale nella costanza del colore, permettendoci di percepire i colori degli oggetti come costanti nonostante le variazioni delle condizioni di illuminazione.

Lobo occipitale e area V4. L’immagine mostra il lobo occipitale del cervello umano, in particolare il giro linguale (in giallo), sede dell’area V4. Questa regione è cruciale per la percezione del colore e il riconoscimento degli oggetti, svolgendo un ruolo fondamentale nella via ventrale della visione

lobo occipitale

L’Area V4 negli Esseri Umani

La percezione del colore negli esseri umani è stata associata all’attivazione di un’area occipitale ventromediale, situata nel giro linguale. Studi di neuroimaging, come quelli condotti tramite PET (Corbetta et al., 1991; Zeki et al., 1991; Gulyas & Roland, 1991), suggeriscono che questa regione rappresenti l’equivalente funzionale dell’area V4 delle scimmie.

Questa ipotesi trova ulteriore supporto nelle osservazioni cliniche su pazienti affetti da acromatopsia. In tali pazienti, le lesioni coinvolgono frequentemente aree situate in prossimità della porzione mediale del giro fusiforme, una regione che, oltre a essere implicata nella percezione del colore, è specializzata anche per il riconoscimento dei volti. La stretta vicinanza anatomica tra le aree responsabili dell’elaborazione delle facce e quelle deputate alla costanza del colore fornisce una spiegazione plausibile per la frequente associazione tra acromatopsia e prosopoagnosia, ovvero l’incapacità di riconoscere i volti.

Nelle scimmie, i neuroni dell’area V4 mostrano una spiccata selettività per caratteristiche visive rilevanti per il riconoscimento degli oggetti, come la forma e il colore. Essi non solo contribuiscono alla percezione cromatica, ma svolgono anche un ruolo fondamentale nell’elaborazione delle proprietà invarianti degli oggetti, permettendo il mantenimento della costanza del colore in diverse condizioni di illuminazione.

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Pubblicato da altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

Una risposta a “La Costanza del Colore: Meccanismi Neurali e Teorie Visive”

  1. […] Costanza del colore. È il vostro magnifico cervello a fare tutte le elaborazioni necessarie a correggere la percezione del colore nelle diverse condizioni di luce, e a farvi capire che il vostro maglione verde preferito resta dello stesso verde nella luce fredda di un giorno di pioggia e nella luce dorata di uno splendido tramonto. Il fenomeno si chiama costanza del colore. […]

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