Il sonno è regolato da un ritmo circadiano che dipende dalla temperatura corporea. Alcuni studi hanno manipolato la durata del sonno per vedere come si modifica questo ritmo. Hanno scoperto che il risveglio avviene quando la temperatura sale, mentre l’addormentamento quando scende. Hanno anche notato che in condizione di isolamento, senza segnali esterni come la luce, il ritmo sonno-veglia si allunga e si disaccoppia da quello della temperatura. Questo può causare episodi di sonno irregolari e lunghi periodi di veglia. La manipolazione del sonno e l’isolamento possono avere effetti negativi sulla salute, come obesità, diabete e stress.

Studi di manipolazione sperimentale della durata del sonno

Dagli studi di manipolazione sperimentale della durata del sonno si è osservato una stretta relazione tra ritmo sonno-veglia e temperatura corporea (Zulley et al., 1981; Zulley 1990). In particolare è emerso che il risveglio al mattino si colloca nella fase ascendente della curva della temperatura, mentre l’addormentamento si situa più facilmente in coincidenza del calo della temperatura corporea per cui esiste una stretta relazione tra ritmo circadiano della temperatura corporea e durata dell’episodio di sonno.

Per maggiori informazioni sulla struttura del sonno: lo stato, il ciclo e l’episodio.

Studi condotti in condizione di isolamento (free-running)

Infatti, nei cosidetti esperimenti condotti in condizione di isolamento “(Zulley et al., 1981, Czeisler et al., 1980), in cui i soggetti vivono per periodi prolungati isolati dalla luce del giorno, dagli orologi, dalla radio; in ambienti perciò completamente privi dei maggiori Zeitgeber (sincronizzatori ambientali). Questo approccio è definito anche free-running (che “corre” liberamente senza vincoli) in quanto permette di studiare come i ritmi endogeni liberi dalle influenze dei sincronizzatori esterni.

I risultati di questo approccio hanno evidenziato che inizialmente i ritmi circadiani (che hanno periodicità di circa 24 ore) tendevano a desincronizzarsi dalle 24 ore, questo valeva in particolare per il ritmo sonno-veglia che iniziò a seguire una periodicità di circa 25 ore, mentre il ritmo della temperatura corporea continuava a mantenere la sua periodicità naturale (circa 24.5 ore). Dopo 10-14 giorni di isolamento, si osservò in circa metà dei soggetti una leggera desincronizzazione di questi due ritmi, e nell’altra metà un vero proprio disaccoppiamento. In quest’ultimo caso il ritmo sonno-veglia era caratterizzato da episodi di sonno brevi e lunghi intervallati da periodi di veglia anche lunghissimi (fino a 50 ore).

Relazione tra temperatura corporea e episodio di sonno

Modello a doppio oscillatore

Dato che in condizioni di isolamento il ritmo sonno/veglia  e quello della temperatura corporea tendono a disaccoppiarsi, Aschoff e Wever  (1976) hanno definito un modello che sostiene l’esistenza di due oscillatori circadiani interni. Il primo, più forte, controllerebbe la regolazione della temperatura corporea, il volume urinario, la secrezione di potassio nell’urina e il sonno REM. Il secondo, più debole, invece avrebbe il controllo del ritmo sonno-veglia, il sonno ad onde lente, l’ormone della crescita (GH) e la secrezione urinaria di Calcio.

Componente omeostatica:

Interessa soprattutto la componente del sonno ad onde lente, infatti una privazione totale o una privazione parziale di sonno, aumenta la durata del sonno a onde lente (SWS) ma non modifica sostanzialmente la durata del sonno REM che invece è influenza soprattutto dalle componenti circadiane. Perciò il sonno ad onde lente rappresenta nell’uomo e negli altri mammiferi un parametro omeostatico influenzato dalla quantità di veglia che lo precede.

Questa componente è stata presa in considerazione da Borbély (1982) che  ha formulato un modello matematico detto di autoregolazione del sonno. Esso prevede l’interazione tra due processi: un processo omeostatico (processo S – da sleep) il quale aumenta all’aumentare della durata della veglia e un processo circadiano (processo C) che oscilla in funzione del momento della giornata.

Secondo tale modello la diminuzione nel corso della notte della quantità di sonno ad onde lente è in relazione allo smaltimento del processo S che si accumula durante la veglia.

La componente omeostatica (o processo S) interessa soprattutto la componente del sonno ad onde lente, secondo Feinberg (1974) la diminuzione del SWS nel corso del sonno riflette lo “smaltimento” di qualche fattore che si accumula durante la veglia (processo S, da sleep).

Slow-wave-activity come indicatore fisiologico della componente omeostatica del sonno

Un buon candidato come indicatore fisiologico della componente omeostatica del sonno è l’attività ad onde lente (“slow-wave-activity”, o SWA, Achermann, 2004). Questa attività si rileva attraverso le analisi spettrale del tracciato EEG (analisi di Fourier) ed è equivalente alle attività delta, ovvero, alle frequenze EEG che rientrano nel range tra 0.5 – 4.5 Hz (Borbely et al., 1981).

La SWA sembra essere un processo omeostatico in quanto è modulato dal ciclo di sonno NREM-REM ed esibisce un declino durante il sonno. Inoltre, una parziale o totale privazione di sonno comporta un aumento del sonno ad onde lente durante la notte di recupero. A favore di questa ipotesi, Webb e Agnew (1971) hanno presentato evidenze che il sonno ad onde lente aumenta in funzione della quantità di veglia che precede il sonno, mentre un nap pomeridiano provoca una riduzione di attività SWA durante il successivo episodio di sonno (Werth et al., 1996; Knowles et al., 1990).

La componente circadiana

La componente circadiana (o processo C), invece, dipende dal pacemaker endogeno circadiano che si trova nel nucleo suprachiasmatico. L’andamento della componente C dipende dal tipo di variabile circadiana considerata, ma in generale nel modello delle due componenti si fa riferimento a quella della temperatura corporea o della vigilanza (Dijk et al., 1992).

Dagli studi di manipolazione sperimentale della durata del sonno è stata osservata una stretta relazione tra ritmo sonno-veglia e temperatura corporea (Zulley et al., 1981; Zulley 1990).

I due processi S e C anche se operano separatamente tuttavia sono collegati funzionalmente in quanto la propensione all’addormentamento ed al sonno sono influenzate dai ritmi pacemaker circadiani, come ad esempio la temperatura corporea.

Infine, questo modello consente, in base alla quantità di veglia precedente, di fare delle previsioni, sull’ora di addormentamento, del risveglio spontaneo e su alcune caratteristiche fisiologiche del sonno come la durata del sonno SWS e del sonno REM.

Modello di Borbely (1982)
Il Modello di Borbely (1982) ipotizza l’esistenza di due componenti; la componente C e la componente S. La prima dipende dal pacemaker endogeno circadiano che si trova nel nucleo suprachiasmatico. Un buon indicatore fisiologico della comnponente S (omeostatica) è l’attività del SWS.

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By altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

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