Le neuroscienze cognitive: dai neuroni al comportamento

Le neuroscienze cognitive: dai neuroni al comportamento

Le neuroscienze cognitive si prefigge lo scopo di analizzare i meccanismi nervosi che stanno alla base del comportamento attraverso l’associazione di metodi diversi, dalla biologia cellulare, dalla psicologia cognitiva, dalla neurologia del comportamento e dalla scienza del computer originando un approccio integrato.


Come il cervello elabora le informazioni sensoriali

Il cervello umano è un organo straordinario, capace di elaborare una grande quantità di informazioni provenienti dal mondo esterno attraverso i suoi sistemi sensoriali. Ogni sistema sensoriale, come la vista, l’udito, il tatto, l’olfatto e il gusto, ha la funzione di rilevare uno stimolo specifico e trasmetterlo al cervello sotto forma di impulsi elettrici. Questi impulsi vengono poi processati da diverse regioni cerebrali, che li analizzano e li integrano per formare una percezione unitaria e coerente della realtà.

Per esempio, quando guardiamo un oggetto, i nostri occhi , grazie ai fotorecettori presenti nella retina captano la luce riflessa da esso e la trasformano in segnali elettrici che viaggiano lungo il nervo ottico fino alla corteccia visiva posteriore del cervello. Qui, i neuroni si occupano di scomporre l’immagine in elementi semplici, come il colore, la forma, il movimento e la profondità. Questi elementi vengono poi inviati ad altre aree cerebrali che li ricompongono in una rappresentazione complessa e significativa dell’oggetto. Questa rappresentazione viene poi confrontata con le nostre conoscenze pregresse e le nostre aspettative per dare un senso a ciò che vediamo.

Quando ascoltiamo una melodia, i nostri orecchi captano le onde sonore prodotte da essa e le trasformano in segnali elettrici che viaggiano lungo il nervo acustico fino alla corteccia uditiva temporale del cervello. Qui, i neuroni si occupano di scomporre il suono in elementi semplici, come il tono, l’intensità, il ritmo e la timbrica. Questi elementi vengono poi inviati ad altre aree cerebrali che li ricompongono in una rappresentazione complessa e significativa della melodia. Questa rappresentazione viene poi confrontata con le nostre conoscenze pregresse e le nostre emozioni per dare un senso a ciò che ascoltiamo.

 I neuroni, reti neurali e plasticità sinaptica

I neuroni sono le cellule fondamentali del cervello e sono responsabili della trasmissione e dell’elaborazione delle informazioni.

I neuroni di regioni diverse del sistema nervoso non differiscono molto tra di loro nella loro struttura e nel loro funzionamento. Quello che rende unica una regione cerebrale è il numero dei neuroni presenti e il modo in cui essi si connettono tra di loro, formando delle reti neurali specializzate. Queste reti neurali non sono fisse e immutabili, ma possono essere modificate dall’esperienza e dall’apprendimento. Inoltre, le connessioni neurali non sono identiche da un individuo all’altro, ma variano in base alla genetica e allo sviluppo.

Per esempio, quando impariamo una nuova lingua, i neuroni della aree dedicate alla elaborazione linguistica si attivano più spesso e formano nuove connessioni con altre aree cerebrali coinvolte nella memoria, nell’attenzione e nella motricità. Queste nuove connessioni rendono più facile e veloce l’apprendimento e la produzione della lingua straniera. Al contrario, se non usiamo una lingua per molto tempo, le connessioni neurali si indeboliscono e diventano meno efficienti.

Quando subiamo un trauma cranico, i neuroni di una determinata regione cerebrale possono essere danneggiati o distrutti. Questo può causare dei deficit funzionali a seconda della regione colpita. Tuttavia, il cervello ha la capacità di compensare in parte questi danni grazie alla sua plasticità. Infatti, i neuroni vicini a quelli lesionati possono assumere parte delle loro funzioni o stabilire nuove connessioni con altre aree cerebrali meno danneggiate.

Il cervello è quindi un organo dinamico e plastico, capace di adattarsi al contesto e di apprendere nuove abilità. E’ anche il sede della nostra coscienza, della nostra personalità e delle nostre emozioni. Il cervello è il prodotto di una lunga evoluzione biologica e culturale che ci ha reso gli esseri umani che siamo oggi.

Le neuroscienze e la psicologia cognitiva

La psicologia cognitiva è la scienza che studia i processi mentali e il comportamento umano. Essa si avvale dei metodi e delle scoperte delle neuroscienze cognitive per integrare le conoscenze teoriche e sperimentali sui processi cognitivi con le evidenze neuroscientifiche sul funzionamento del cervello. In questo modo, può fornire una spiegazione più completa e accurata dei fenomeni psicologici e delle loro basi neurali.

Un esempio di applicazione del collegamento tra neuroscienze cognitive e psicologia è la neuropsicologia clinica. Essa si occupa di valutare e riabilitare i pazienti affetti da disturbi delle funzioni cognitive a seguito di lesioni o patologie cerebrali. La neuropsicologia clinica utilizza sia strumenti diagnostici tipici della psicologia (come test cognitivi, colloqui, osservazioni) sia strumenti di neuroimaging (come risonanza magnetica, tomografia computerizzata, elettroencefalografia) per individuare le aree cerebrali danneggiate e le conseguenze sul piano cognitivo, emotivo e comportamentale.

Storia e metodi della psicologia cognitiva

La psicologia ha avuto una lunga e complessa evoluzione storica, che ha visto il susseguirsi di diverse teorie e metodi di indagine.

Fino al XIX secolo, il metodo principale per analizzare l’attività mentale era l’introspezione, ovvero l’osservazione diretta dei propri stati di coscienza. Questo approccio era tipico della filosofia e della psicologia razionalista, che si basava sul ragionamento deduttivo e sulle intuizioni a priori. Tuttavia, questo metodo presentava dei limiti, come la soggettività, la difficoltà di verifica e la scarsa generalizzabilità dei risultati.

A partire dalla seconda metà dell’800, quest’approccio cominciò ad essere sostituito da un approccio che privilegiava le indagini empiriche sui processi mentali, basato sull’osservazione oggettiva e sull’esperimento. Questo approccio era tipico della psicologia empirista e della psicologia sperimentale, che si basava sul ragionamento induttivo e sulle evidenze a posteriori. Questo approccio diede origine a diverse scuole di pensiero, come il funzionalismo, lo strutturalismo e l’associazionismo.

Alla fine dell’800 e all’inizio del ‘900, gli psicologi passarono all’analisi delle esperienze soggettive, come la memoria, l’apprendimento e l’intelligenza. Tra i pionieri di questo campo ci furono Ebbinghaus, che studiò la memoria con il metodo dei nonsense syllables; Pavlov, che studiò i riflessi condizionati negli animali; Thorndike, che studiò l’apprendimento per tentativi ed errori negli animali. Il movimento verso una psicologia obiettiva arrivò al suo culmine con il comportamentismo, guidato da Watson, che negava l’esistenza dei processi mentali e si concentrava solo sullo studio del comportamento osservabile e misurabile.

Attorno al 1960, alcuni psicologi cominciarono a criticare il comportamentismo per la sua visione meccanicista e riduzionista dell’uomo. Essi proposero una nuova prospettiva che si occupava di studiare i processi mentali interni che mediano tra lo stimolo e il comportamento. Questa prospettiva prese il nome di psicologia cognitiva e si ispirò alle scienze cognitive, alla linguistica, alla logica e all’intelligenza artificiale. Tra i fondatori della psicologia cognitiva ci furono Tolman, che introdusse il concetto di mappa cognitiva; Miller, che studiò i limiti della memoria a breve termine; Bartlett, che studiò la memoria come processo di ricostruzione; Chomsky, che criticò il comportamentismo linguistico di Skinner e propose una teoria generativa della grammatica.

La psicologia cognitiva si affiancò alla psicologia della Gestalt, che era nata in Germania agli inizi del ‘900 e si era diffusa negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. La psicologia della Gestalt sosteneva che la forma è qualcosa di più rispetto alla somma delle sue singole parti e che i processi mentali sono organizzati secondo dei principi di buona forma. Tra i principali esponenti della psicologia della Gestalt ci furono Wertheimer, Koffka e Köhler.

Scopo della psicologia cognitiva e della psicologia della Gestalt era quello di dimostrare i processi cerebrali che dallo stimolo conducono al comportamento. Per fare ciò essi si avvalsero di diversi metodi di indagine, come l’esperimento controllato, il test psicometrico, e l’osservazione naturalistica.

Come si può osservare la psicologia è una scienza in continua evoluzione e trasformazione, che cerca di capire i processi mentali e il comportamento umano.

Come si studiano i processi cognitivi: le tecniche delle neuroscienze cognitive

Le neuroscienze cognitive, sono una disciplina che si occupa di studiare i meccanismi neurali, che sottendono i processi cognitivi, come la percezione, l’attenzione, la memoria, il linguaggio, il pensiero e le emozioni. Le neuroscienze cognitive si basano su diversi metodi di indagine, che si sono sviluppati principalmente a partire dagli anni ’60. Questi metodi sono:

L’analisi dell’attività di singole cellule cerebrali in primati integri e vigili.

Questa tecnica consiste nel registrare l’attività elettrica di neuroni isolati o di piccoli gruppi di neuroni mediante degli elettrodi inseriti nel cervello. Questa tecnica permette di studiare come i neuroni rispondono a diversi stimoli sensoriali o motori e come codificano le informazioni rilevanti per il comportamento. Queste indagini, hanno condotto alla scoperta, che anche i processi cognitivi complessi come l’attenzione, il processo decisionale e la consapevolezza sono correlati con specifiche forme di attività di particolari regioni cerebrali.

Lo studio delle lesioni corticali in pazienti con danni cerebrali.

Questa tecnica consiste nell’osservare le conseguenze comportamentali e cognitive di lesioni focali o diffuse del cervello causate da traumi, ictus, tumori o malattie degenerative. Questa tecnica permette di identificare le funzioni specifiche di diverse aree cerebrali. Inoltre, permette di capire come queste aree interagiscono tra loro per produrre il comportamento normale. Queste indagini hanno condotto alla scoperta che i processi cognitivi dipendono da circuiti neurali distribuiti e integrati e che la perdita o il malfunzionamento di una parte del cervello può causare dei deficit funzionali.

L’uso delle tecniche di visualizzazione cerebrale in soggetti sani o patologici.

Queste tecniche consistono nell’utilizzare dei dispositivi che misurano l’attività metabolica o emodinamica del cervello mentre i soggetti svolgono dei compiti cognitivi o comportamentali. Tra queste tecniche ci sono la PET (positron emission tomography), che misura il consumo di glucosio o di altre sostanze radioattive iniettate nel sangue. La fRMI (functional magnetic resonance imaging), che misura il flusso sanguigno cerebrale in base al segnale magnetico dell’emoglobina. L’EEG (electroencephalography), che misura l’attività elettrica del cervello mediante degli elettrodi applicati sul cuoio capelluto. La MEG (magnetoencephalography), che misura l’attività magnetica del cervello mediante dei sensori magnetici. Queste tecniche permettono di mettere in relazione direttamente in vivo nel cervello umano la modificazione di popolazioni di neuroni con i processi cognitivi e comportamentali.

L’uso del computer per costruire modelli dell’attività di grandi popolazioni di neuroni o per simulare il comportamento umano.

Questa tecnica consiste nell’utilizzare dei programmi informatici che riproducono le proprietà strutturali e funzionali delle reti neurali biologiche o che implementano delle regole logiche o probabilistiche per risolvere dei problemi cognitivi o comportamentali. Questa tecnica permette di testare delle ipotesi sul funzionamento del cervello e di confrontare le prestazioni dei modelli con quelle dei soggetti reali. Queste indagini hanno condotto alla scoperta che i processi cognitivi possono essere descritti da diversi livelli di analisi, dal livello neuronale al livello simbolico.

Questi metodi hanno contribuito in modo significativo alle neuroscienze cognitive, fornendo delle evidenze empiriche e teoriche sui meccanismi neurali che sottostanno il comportamento nell’essere umano.

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Pubblicato da altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

2 Risposte a “Le neuroscienze cognitive: dai neuroni al comportamento”

  1. buona sera, domanda, dovevo subire l aspirazione di un ascesso senza anestesia per far riaffiorare tutta una serie di abusi subiti in eta infantile/ adolescenziale? per poi farmene che cosa?

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