La percezione dello spazio e della profondità è cruciale per la generazione della rappresentazione tridimensionale delle relazioni spaziali nell’ambiente circostante. Il sistema visivo dispone di due insiemi d’indizi di profondità: visivi e oculomotori. Gli indizi oculomotori sono basati sulla convergenza degli occhi e sul grado di accomodazione. Gli indizi visivi possono essere sia monoculari sia binoculari; quelli binoculari sono basati sulla disparità tra i differenti punti di vista del mondo da parte dei due occhi. Da questa disparità può essere generata una rappresentazione tridimensionale o stereoscopica. Nella corteccia parietale posteriore sembra che tale informazioni sia integrata con quelle proveniente da altre modalità sensoriali, al fine di produrre una mappa dello spazio percettivo comune a tutti i nostri sensi.

GLI INDIZI OCULOMOTORI

Quando fissiamo un oggetto i nostri occhi si accomodano in una misura che dipende dalla distanza dall’oggetto. Per essere visti chiaramente, gli oggetti più vicini richiedono una maggiore accomodazione e vergenza, rispetto a quelli più lontani.

Rilevando il grado di tensione del muscolo è possibile determinare  l’entità dell’accomodazione. Quando guardiamo un oggetto distante di qualche metro il muscolo che controlla l’accomodazione è in uno stato rilassato. Quindi come potenziale indizio di profondità l’accomodazione potrebbe costituire un utile indizio. Però questo non  è vero per la maggior parte dei vertebrati binoculari. L’eccezione è fatta dal camaleonte, in cui lo stato di messa a fuoco del cristallino agisce come principale indizio della distanza. Parte di tale affidamento sugli indizi monoculari potrebbe derivare dal modo in cui gli occhi del camaleonte si muovono indipendentemente l’uno rispetto all’altro, limitando quindi l’uso degli indizi binoculari.

Un altro indizio usato dal sistema visivo è la vergenza degli occhi. Infatti, guardando un oggetto vicino, gli occhi girano l’uno verso l’altro (convergenza), mentre durante l’osservazione di oggetti più lontani gli occhi si girano indirezione opposta (divergenza). può operare solo in ambito limitato, infatti non può essere utilizzata per oggetti posti al di là di 6 metri da noi poiché a tale distanza l’angolo di convergenza si riduce a zero.

L’INTERPOSIZIONE

sovrapposizione di due triangoli di kanizsa
Sovrapposizione di due triangoli di kanizsa. Quale sembra essere più vicino?

Quando una figura occlude parte di un’altra (interposizione), l’oggetto più occluso è percepito come quello più distante. Ci sono evidenze che i piccoli di soli 7 mesi determinano la distanza esclusivamente sulla base di questo parametro. Un esempio d’interposizione ci è data dal triangolo di Kanizsa.

L’interposizione è generata dai neuroni V2 che rispondono ai contorni illusori che si estendono oltre le aperture. Inoltre, sebbene siamo incapaci di vedere le porzioni occluse, assumiamo che gli oggetti occlusi siano completi e che non manchino delle parti nascoste. Anche questo processo detto completamento amodale, è mediato dall’interpolazione.

LA GRANDEZZA RELATIVA

Oggetti a distanze diverse dall’osservatore formano immagini ad altezze diverse sulla retina.

Man mano che la distanza tra l’oggetto e l’osservatore varia, la dimensione dell’immagine dell’oggetto sulla retina si modifica. Quindi se le dimensioni reali dell’oggetto sono familiari all’osservatore, le dimensioni della sua immagine retinica possono essere utilizzate per valutare la distanza alla quale esso ritrova.

LA PROSPETTIVA

Ci sono quattro tipi d’indizi di prospettiva.

La convergenza relativa che si riferisce a linee parallele che sembrano convergere con la distanza, ed è un modo di dare l’impressione di profondità nei dipinti.

Un’altra forma è chiamata gradiente di tessitura. La maggior parte dei tessuti ha una tessitura e la densità di questa sembrerà aumentare con la distanza. I gradienti di tessitura possono perciò fornire informazioni circa la distanza e la pendenza delle superfici.

La terza forma è detta prospettiva aerea. Un oggetto lontano sembra meno chiaro di uno vicino: questo è il risultato della dispersione della luce attraverso l’atmosfera, che ha l’effetto di ridurre il contrasto dell’immagine.

L’ultimo indizio è l’ombra: nell’ambiente naturale la luce proviene sempre dall’alto quindi la configurazione delle ombre può essere utilizzata per derivarne la profondità.


LA PARALASSE DI MOVIMENTO

Quando ci muoviamo nell’ambiente, gli oggetti che ci circondano cambiano sempre posizione nel nostro campo visivo. Se viaggiamo in treno o in macchina, le immagini di oggetti appariranno muoversi in direzione opposta alla nostra e quelle poste a distanze differenti dall’osservatore si muovono a diverse velocità sulla retina. In particolare, gli oggetti esterni più vicini sembreranno muoversi in direzione opposta alla nostra, mentre gli oggetti più lontani sembreranno muoversi più lentamente ma nella stessa nostra direzione.

LA STEREOPSI

Ogni occhoi vede il mondo in modo leggermente diverso a causa della distanza orizzontale che lo separa dall’altro. Questa disparità dipende dal fatto che  se gli occhi sono focalizzati su di un punto, le immagini cadono su punti corrispondenti delle due retine in modo tale che l’immagine cada sulle rispettive fovee. Le immagini di un punto più lontano o vicino cadranno su punti non corrispondenti alle due retine. L’entità della disparità dipenderà dalla distanza di questi punti. Se il cervello riesce a calcolare tale disparità, potrà fornire precise informazioni circa la posizione degli oggetti sul mondo. La stereopsi necessità della disparità retinica binoculare. L’effetto della disparità può essere utilizzata con un steroscopio (Wheatstone). Questo strumento presenta separatamente ai due occhi due disegni. Le due immagini sono viste come una sola che sembra essere tridimensionale.

La disparità è codificata a un livello precoce delle vie visive. Sia nelle scimmie che nei gatti sono state osservate cellule in V1 che danno una risposta massima quando lo stimolo ottimale cade su aree non corrispondenti delle due retine. Una cellula selettiva per la disparità risponderà fortemente ad uno stimolo posto ad una particolare distanza. V1 contiene due classi di neuroni che sembrano essere sensibili alla disparità retinica. Queste sono cellule binoculari dello strato 4B. La prima classe risponde con un incremento o ad un decremento della frequenza di scarica a un limitato intervallo di disparità retiniche.. La seconda classe risponde selettivamente a stimoli più vicini o più lontani dal piano di fissazione.

LE BASI NEURALI DELLA RAPPRESENTAZIONE TRIDIMENSIONALE DELLO SPAZIO

corteccia parietale inferiore e superiore
La figura evidenzia in giallo la corteccia parietale inferiore (area 7 di Brodmann) e in arancione la corteccia parietale superiore (area 5 di Brodmann).

Gli indizi di profondità e movimento possono essere usati congiuntivamente con altri indizi sensoriali, per produrre una rappresentazione tridimensionale del nostro ambiente. La corteccia parietale posteriore (PPC) è l’area cerebrale dove una rappresentazione delle relazioni spaziali è più probabile. Le cellule  in PPC ricevono in ingresso segnali sensoriali di tipo visivo uditivo, somatosensoriale e vestibolare, e l’integrazione di queste informazioni potrebbe essere usata per formare una mappa dello spazio percettivo.

La PPC è costituita dai lobuli parietali inferiore e posteriore. Negli esseri umani lesioni al lobulo parietale superiore causano difetti nelle valutazioni somestesiche complesse. Un soggetto potrebbe avere difficoltà a riconoscere la forma degli oggetti mediante il solo tatto (stereoagnosia), questo sintomo è spesso legato al neglet.

Lesioni al lobulo parietale inferiore sono associate con la distruzione della visione spaziale e dell’orientamento spaziale. I sintomi includono difficoltà al raggiungimento di oggetti bersaglio, incapacità di evitare gli ostacoli, difetti di apprendimento e memorizzazione dei percorsi, di valutazione delle distanze, di inseguimento di uno stimolo in movimento. Un effetto particolarmente inusuale chiamato negligenza visiva, si manifesta in seguito a lesioni bilaterali del lobulo parietale inferiore.

Lesioni alle aree visive precoci, come V1, causano scotomi (buchi nella nostra percezione). Lesioni alle aree associative superiori della via what, come IT nelle scimmie, o il giro fusiforme negli esseri umani, danneggiano la capacità di riconoscere degli oggetti (agnosia). Piccole lesioni unilaterali della corteccia parietale riducono l’accuratezza della localizzazione degli oggetti nello spazio contraleterale. L’effetto è più marcato in seguito a lesioni del lato destro provocando il negletto.

La rappresentazione dello spazio nella PPC sembra essere suddivisa in tre categorie;

  1. spazio peripersonale, o vicino, è lo spazio che ci circonda, all’interno del quale riusciamo a raggiungere o a toccare gli oggetti. La sua rappresentazione neurale richiede l’integrazione dei segnali retinici foveali con le informazioni oculomotorie e con quelle relative al movimento degli arti (lobulo parietale posteriore),
  2. spazio extrapersonale o lontano: la sua rappresentazione richiede l’integrazione degli indizi visivi, uditi, oculomotori e dei segnali da tutto il corpo,
  3. spazio personale è lo spazio del nostro corpo; le sue coordinate sono basate sull’orientamento del capo, segnalato dal sistema vestibolare. Queste informazioni sono presentate al lobulo parietale superiore.
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By altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

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