Il cognitivismo costituisce una delle principali correnti di ricerca degli anni 60-70. Esso concepisce la mente come un elaboratore di informazione,con una organizzazione di tipo sequenziale e con una capacità limitata di elaborazione. Viene proposta l’analogia tra mente e calcolatore, mettendo in relazione le analogie tra il comportamento di un organismo e l’attività di una macchina.  Questo nuova visione della psicologia è la risposta alla crisi del comportamentismo e alle nuove acquisizioni nel campo neurofisiologico e della nascente teoria dell’informazione.


I precursori

Il cognitivismo non ebbe un manifesto decisivo. Quando nel 1967 uscì cognitive psychology di Ulrich Neisser le indagini di orientamento cognitiviistico erano già in corso da circa 10 anni. Infatti, i contributi più importanti erano stati prodotti a metà degli anni 50 e nei primi anni 60.

 Il 1956 è considerata la data fondamentale del cognitivismo in quell’anno in Massachusetts si tenne un simposio sulla teoria dell’informazione dove furono presentate le comunicazioni di Miller sulla memoria a breve termine e su i suoi limiti fissati in 7 più o meno 2. Inoltre, furono lette le comunicazione di Simon sul general problem solving e di Chomsky sulla nuova teoria del linguaggio.

Inoltre il cognitivismo si impose gradualmente e non come un movimento di completa è immediata rottura.
La sua nascita è legata anche da una reazione al comportamentismo e prende spunto dalle critiche degli stessi comportamentisti come Miller è Broadbent  che si  resero conto dell’inadeguatezza di questo approccio.

Nella letteratura cognitivista furono riscoperti autori classici, come James e Wundt, che suscitarono interesse nella scuola di Wurzburg. Inoltre si cercarono punti di convergenza con scuole classiche soprattutto con la teoria della forma.

I precursori più importanti furono indicati in Bartlett , Piaget e Vygotskij.

  1. in Bartlett per il suo concetto di schema e l’ipotesi costruttivista della memoria;
  2. Piaget che affrontò il problema dell intelligenza e della percezione secondo un approccio operatorio che pone l’accento su una reciproca attrazione tra organismo e ambiente
  3. Vygotskij per la relazione tra processi cognitivi maturazione organica e contesto sociale

Anche nel comportamentismo sono riscontrabili punti chiave precognitivi soprattutto nelle dibattito delle variabili intervenienti e nel concetto di mappa cognitiva di Tolman. Inoltre, negli anni 30-40 Hull propose un approccio simulazionale; cioè simulare meccanicamente la formazione dei riflessi condizionati e costruire delle macchine psichiche.

Il cognitivismo fu la conseguenza anche dei dibattiti che provenivano da altre discipline come la cibernetica che metteva in relazioni le analogie tra il comportamento di un organismo e l’attività di una macchina, entrambi accomunati dall’esigenza di risolvere un problema.

Riferimenti teorici

Oltre all’aspetto interdisciplinare la psicologia cognitiva si interessava ai processi cognitivi: percezione, attenzione, memoria, linguaggio, pensiero e creatività che erano considerati dai comportamentisti dei prodotti dell’apprendimento. Con il cognitivismo, invece, a questi processi era riconosciuta sia un autonomia strutturale che una interdipendenza reciproca.

Il filtro di Broadben

Broadbent (1954) ipotizzò che l’informazione fosse precipita dalla struttura sensoriale, filtrata in base al meccanismo dell’attenzione (filtro di Broadbent) e trasmessia ad altre strutture per l’immagazzinamento in memoria. La mente, perciò, era concepita come un elaboratore di informazione con una organizzazione di tipo sequenziale e con una capacità limitata di elaborazione.

Filtro di Broadbent
Filtro di Broadbent: questo modello prevede che i dati sensoriali in entrata incontrano un canale a capacità limitata in grado di far passare solo una certa quantità d’informazione.

L’unità TOTE (test operate text exit)

Viene proposta l’analogia tra mente e calcolatore basata sulle nozioni di informazione, canale, sequenza, trasmissione, ed elaborazione dell’informazione e per spiegare tale organizzazione si ricorse all’uso di diagrammi di flusso.

Negli anni 60-70 furono presentati modelli che misero in evidenza la possibilità di retro-azioni (feedback). Il comportamento,  era visto come il prodotto finale dell elaborazione dell’informazione. Questa elaborazione è il risultato di un processo di una continua verifica secondo l’unità TOTE (test operate text exit) proposta da Miller, Galanter e Pribram nel 1960.

In questo modello, il primo passo consiste nel compiere un test che ha per oggetto quello di verificare la congruenza tra la realtà esterna e lo scopo. Successivamente, è avviata una operazione per provocare dei cambiamenti; ed infine, una fase di retest per verificare che il risultato desiderato è stato raggiunto. In caso affermativo, l’algoritmo si conclude (exit) altrimenti ripropone le fasi precedenti fino ache il problema non è stato risolto.

Inoltre, attraverso il meccanismo a feedback potevano essere interpretati i fenomeni osservati in natura, e Cannon sviluppò il concetto di omeostasi come un meccanismo in grado di auto-regolarsi e mantenere l’equilibrio di determinati parametri fisiologici dell’organismo.

Human Informations Processing (HIP)

Con Kenneth Craik inizia il filone della psicologia dei processi cognitivi detta Human Informations Processing (HIP). Craik affermava che il pensiero costruisce un modello e stabilisce un parallelismo con la realtà. Egli concepisce l’uomo come un servo meccanismo che è in grado di auto correggersi con tempi non inferiori a mezzo secondo e che funziona ad intermittenza. Di conseguenza il presente è una visione retrospettiva del mondo con un ritardo di frazioni di secondo ma con un vissuto di contemporaneità e continuità.
Le sue teorie del canale unico furono sviluppate dal suo collega Welford che costruì la teoria del canale unico

La legge di Fick e il magico numero 7

Un concetto di  notevole rilievo del cognitivismo è quello della capacità limitata. Una prima dimostrazione è data dalla legge di Fick che afferma che in un compito, il tempo di reazione è proporzionale alla quantità di informazione che l’individuo deve elaborare.

 Nel 1956 George A. Miller scrisse un articolo dal titolo il magico numero 7 ± 2. Nell’articolo dimostrò che c’è un limite alla quantità di cose che la mente può tenere in conto contemporaneamente. Queste sette unità di informazioni o chunks possono essere elaborate dalla mente, indipendentemente da quanto sono complesse. Infatti, come diceva Miller è come se la nostra mente fosse un borsellino che può contenere soltanto 7 monete, ma le monete possono essere da un centesimo o da un euro.
Con le parole, l’uomo riesce così ad elaborare una quantità di informazione enormemente superiore a quella degli altri animali che invece non la possiedono.

La teoria della grammatica generativo trasformazionale

Noam Chomsky affermò che la linguistica doveva diventare una branca della psicologia cognitiva, in quanto lo studio del linguaggio rientrava in quello più generale dei processi cognitivi.
Con la teoria della grammatica generativo trasformazionale, Chomsky parte dalla constatazione che il parlante nativo di una lingua, è perfettamente in grado di distinguere quali frasi della sua lingua materna sono o meno meno ben formate.

La sua teoria generativo trasformazionale si basa su due ipotesi: il comportamento verbale è un’ comportamento specie specifico dell’uomo e si fonda su strutture biologiche innate. Chomsky postura l’esistenza di un dispositivo per l’acquisizione del linguaggio.

Il comportamento verbale è legato a due  aspetti che vanno tra loro distinti; la competenza linguistica è l’insieme delle conoscenze che ognuno ha della lingua, intese non come “sapere cosa” ma come un “sapere come”. Quindi una persona conosce una lingua se sa come produrre frasi in quella lingua. Si esaltano in questo senso le conoscenze procedurali rispetto a quelle dichiarative.
Secondo Chomsky ognuno di noi ha depositato nella propria mente, anche se non le sa verbalizzare, le regole per generare (di qui linguistica generativa) le frasi, e per trasformarle (trasformazionale) nelle diverse forme possibili ( forma attiva, passiva, e interrogativa).

Chomsky distingue in ogni frase una struttura superficiale da una struttura profonda. La struttura profonda che indica una struttura predicativa in cui un agente (bambino) compie un’azione (mangia) su una cosa (la mela) può essere generata in forma attiva, negativa, e interrogativa.

Nelle frasi ambigue come “la vecchia porta la sbarra” Chomsky tramite struttura ad albero, segmenta la frase in sintagma nominale e sintagma verbale, producendo da questa frase due frasi profonde. Nella prima è la vecchia (sintagma nominale) che porta la sbarra nella seconda è la vecchia porta (sintagma nominale) che sbarra (sintagma verbale).

Contributi delle neuroscienze e critiche al comportamentismo

Infine, negli anni 50 sono state fatte scoperte sorprendenti nel campo delle neuroscienze . Il cervello considerato dai comportamentisti una scatola nera risultava, invece, un insieme di strutture ben differenziate sul piano funzionale.
Fino agli anni della seconda guerra mondiale, la mente era ritenuta come l’operatore di un centralino che trasmetteva le informazioni dal sistema sensoriale a quello motorio da cui partivano le vie efferenti fino agli organi periferici. I comportamentisti avevano ben poco modificato questo modello. Essi si limitarono ad indicare che tra sistema sensoriale e sistema motorio si sarebbero potute stabilire delle connessioni apprese attraverso il condizionamento.

Non era ancora chiaro che il sistema nervoso fosse capace di elaborare le informazioni perché nessuno pensava che fosse in primo luogo in grado di trattenere le informazioni al proprio interno le vie nervose erano viste solo come canali di di transito.

Un altro grande contributo fu quello di Lorente de Nò (1938) sui circuiti riverberanti. Egli, dimostrò che nel sistema nervoso esistono neuroni che sono organizzati in circuiti in modo tale che quando una eccitazione giunge ad questi,  possono mantenerla per un certo periodo.

Donald O. Hebb nel 1949 espose la sua teoria del funzionamento del sistema nervoso centrale ispirata ai circuiti riverberanti di Lorente de Nò. Hebb postulò l’esistenza di gruppi neuronali che operano come unità formando assembramenti cellulari che riescono a mantenere l’eccitazione in circolazione. Sempre nello stesso anno Moruzzi e Magoun (1949) scoprirono il ruolo della sostanza reticolare del tronco cerebrale, rappresentata dal sistema reticolare attivatore ascendente, che ha il compito di attivare e mantenere in stato di vigilanza la corteccia cerebrale.
Il cervello, quind,i riceve, elabora e trasmette i segnali provenienti dalle diverse modalità sensoriali attraverso il sistema reticolare.

Sviluppo e revisione teorica del cognitivismo negli anni ’70

Mei primi anni 70 la prospettiva cognitivista si diffuse anche nel campo della psicologia sociale e della psicopatologia tanto che si parlava di rivoluzione cognitivistica.

Negli stessi anni, si ebbe una opera di revisione metodologica e teorica arrivando perfino a delle auto critiche. Neisser nel 1976 nel suo libro Cognition and reality concludeva che buona parte degli aspetti negativi che i cognitivisti avevano criticato ai comportamentisti erano presenti nei propri modelli; ad esempio, modelli e situazioni di laboratorio e più interesse teorico che applicativo.
L’approccio ecologico, ribadiva il carattere funzionale della mente incorporato in un organismo in continua interazione con l’ambiente. Ciò condusse a una critica del cognitivismo che non considerò che nel corso dell’evoluzione l’organismo si è dotato di sistemi sempre più economici e adeguati.
Il richiamo alla validità ecologica esigenza di introdurre nel flusso delle elaborazioni dell’informazione processi trascurati come la coscienza e la produzione di immagini le nuove acquisizioni nel campo delle neuroscienze, fecero perdere nei primi anni 80 l’interesse per il cognitivismo.

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By altrimondi

S.Aboudan PhD in Psicofisiologia del sonno Università degli Studi di Firenze

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